Medici sì, ma prima di tutto gentiluomini. Con un provocatorio quanto spiritoso articolo, appena pubblicato sul prestigioso «New England journal of medicine», Michael W. Kahn, docente di Psichiatria alla Harward Medical School, lancia l’idea di un galateo per i camici bianchi.
Con sei semplici regolette che ogni medico d’ospedale dovrebbe seguire alla lettera. Certo questo mini-codice del “bon ton”, se applicato in ogni corsia, probabilmente non riuscirebbe nell’impresa impossibile di umanizzare le cure, ma almeno potrebbe garantire le buone maniere e far sentire più a suo agio il paziente durante la sua degenza. Perché secondo Kahn la maggior parte dei pazienti quando si lamenta del proprio dottore non lo fa perché si è sentita incompresa o ha percepito poca empatia, quanto piuttosto per alcuni comportamenti sgradevoli. Le frasi che si sentono di più sulla bocca dei pazienti suonano, secondo Khan, più o meno così: «Si è limitato a fissare lo schermo del suo computer» o «non sorride mai» e ancora «non sapevo con chi stavo parlando».Lo psichiatra americano racconta poi un’esperienza personale, durante un suo ricovero in ospedale, quando è rimasto piacevolmente impressionato dai modi educati di un chirurgo di origine europea: «Indipendentemente da che cosa egli stesse provando al momento, il suo comportamento (abbigliamento, maniere, linguaggio del corpo, contatto visivo) era impeccabile ». Un comportamento che ha fatto pensare a Khan di trovarsi di fronte a un vero «professionista» e soprattutto a un grande «gentleman». Ma quali sono le regole d’oro del galateo in camice bianco? Khan ne individua sei, molto semplici. E cioè: bussare e chiedere il permesso prima di entrare nella stanza dove è ricoverato il paziente; presentarsi esibendo il proprio tesserino e dicendo il proprio nome e cognome; stringere sempre la mano al paziente (ma lasciando i guanti se necessario); sedersi di fronte al paziente e avere un viso rilassato e sorridente, se il contesto lo permette.
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