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Dalla Repubblica: la guardia medica, un miraggio

Medicina Generale Redazione DottNet | 01/08/2008 11:08

Pochi, precari e con pesanti carichi di lavoro. Il contratto indica un sanitario di guardia medica per 5 mila abitanti; a Roma il rapporto è di uno a 60 mila. Ogni notte, 500 telefonate e 150 visite.

Sparsi in 30 postazioni, sono 70 medici per turno a reggere, nelle ore piccole, l'onda d'urto dell'assistenza a domicilio per 4 milioni e 200 mila abitanti dell'area metropolitana della capitale. È il servizio romano di Guardia medica: una centrale operativa e 30 postazioni, 24 disseminate in città, 6 fuori porta, da Genzano a Nettuno. In tutto 638 medici. Dovrebbero essere almeno mille (precisamente, 994), ammette l'assessore regionale alla Sanità Augusto Battaglia. Ma tant'è: sono tutti over 50 e precari, i 57 sanitari che, 12 per turno, nella centrale smistano le chiamate alla postazione più vicina all'assistito che chiede aiuto. Un aiuto fornito a bordo di mezzi propri e senza accompagnatore. Già, la centrale: è sistemata in un corridoio, una ventina di metri per 3,5, e in tre stanze.

L'Ares 118, che la gestisce, paga 27 mila euro al mese alla cooperativa sociale Capodarco, nata per dare lavoro ai disabili dall'omonima Comunità fondata, tra gli altri, da Battaglia: 12 mila per i locali e il software; 15 mila per il lavoro di due operatori a turno prestati al centralino. «Ma», replica il presidente della coop Capodarco, Maurizio Marotta, «il servizio è migliorato: erano 148 mila le telefonate nel 2006, sono state 216 mila nel 2007, il 70% in più». «è vero», aggiunge il segretario regionale della Fimmg, federazione dei medici di famiglia, Pierluigi Bartoletti, «ma è ancora inadeguato se misurato con il metro del fabbisogno di assistenza notturna e dei diritti degli operatori».
«I nostri contratti scadono ogni mese», spiegano i medici tra una telefonata e l'altra e tante indicazioni per le "missioni" a domicilio. «è "fortunato" chi riesce ad averlo trimestrale». «Assumeremo», è l'impegno dell'assessore Battaglia, «altri 300 medici». Certo è che resta al palo uno dei punti di forza della cosiddetta assistenza nel territorio che doveva svilupparsi in contemporanea con la chiusura degli ospedali, il taglio di reparti e posti letto. Ed è pressoché nulla l'informazione sul numero telefonico a pagamento per accedere al servizio, lo 06.570600. Ha otto linee sempre attive che non danno tregua ai pochi operatori in campo. Forse non si pubblicizza più di tanto per evitare che l'inadeguatezza diventi questione. Così, però, i Pronti soccorsi si riempiono: ieri al San Camillo una donna con codice verde ha aspettato otto ore per essere visitata. L'ultimo direttore responsabile del servizio dimessosi un anno e mezzo fa non è ancora stato rimpiazzato: «Provvediamo da soli ai turni, ai cambi, alla reperibilità e alle sostituzioni. Ma ci consoliamo: non avendo diritto alle ferie, siamo almeno esonerati dai litigi sui giorni delle vacanze».

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