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Oltre 120mila i portatori di Aids in Italia

Medicina Generale Redazione DottNet | 19/03/2009 18:39

Una schiera di 'invisibili', ignari portatori del virus dell'Hiv ed inconsapevoli diffusori. Su 120 mila sieropositivi stimati in Italia, circa 40mila non sanno di esserlo e circa il 60% lo viene a sapere alle soglie della sindrome da immunodeficienza, la malattia conclamata.

 Sono i dati presentati al'Hiv Summit Italia 2009 che si è tenuto a Roma e che ha l'obiettivo di riportare l'attenzione su un tema quasi dimenticato e sottostimato. Il Summit Italia è stato organizzato da Giampiero Carosi, università di Brescia, Rosaria Iardino, Network Persone Sieropositive Italia onlus, e Stefano Vella, Istituto Superiore di Sanità. In Italia, dall'inizio dell'epidemia, si sono registrati 58.400 casi di infezione e 35.300 sono stati i decessi per Aids. ''I malati di Aids - ha sottolineato Gianni Rezza, direttore del reparto epidemiologia dell'Istituto Superiore di Sanità - stanno aumentando perchè sono diminuiti i decessi grazie alle cure che hanno aumentato la sopravvivenza''.

L'attenzione, dunque, va spostata verso la notifica delle nuove diagnosi. I dati dei sieropositivi in Italia sono al momento raccolti solo su base volontaria da regioni e province. La provincia di Rimini conta la maggiore incidenza dei casi, 14,5 su 100mila abitanti, il Lazio è al secondo posto con 10,5 infezioni su 100mila abitanti. Il dato più negativo è che la maggior parte delle persone scopre di essere sieropositiva solo a ridosso della diagnosi. Secondo Rezza, ''a metà anni '90, quando c'è stato il picco delle infezioni, uno su cinque scopriva di essere infetto quando era diagnosticata la sindrome conclamata. Oggi più di uno su due arriva tardi alla diagnosi''.
Questo dato dimostra come si sia abbassata la percezione del rischio del contagio. Altra inversione di tendenza riguarda la trasmissione del virus. Se negli anni '80-'90 la fonte principale di contagio era la tossicodipendenza, attualmente la trasmissione avviene prima di tutto per via sessuale, eterosessuale (43,7%) e omo/bisessuale (22%). Molti i pazienti che si fanno infettare in modo consapevole per condividere la malattia con il proprio partner. ''Non esistono più categorie a rischio - ha sottolineato Alessandro Rossi, membro della Società Italiana dei medici di medicina Generale - ma comportamenti a rischio. Per questo i medici di famiglia sono il primo punto di riferimento per i pazienti oggi''. L'Italia, seconda solo al Canada, è stata uno dei primi Paesi ad approvare una legge per la lotta all'Aids e il sostegno dei malati. ''La legge 135/90 - ha spiegato Rosaria Iardino - è ancora valida e conserva principi 'giovani'. Quello che manca è la sorveglianza sull'applicabilità e il rispetto di questa legge''. Positiva, dunque, l'approvazione al Senato della mozione che delega la Commissione Nazionale Aids ad elaborare linee guida per facilitare l'accesso ai test, ad individuare gruppi di fragilità sociale sui quali focalizzare i primi passi ed a migliorare informazione e prevenzione.

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