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Dolore cronico, presentato il primo libro bianco sulla situazione italiana

Medicina Generale Redazione DottNet | 14/04/2009 11:25

Poche strutture dedicate: 0,66 per 250.000 residenti; pochi medici specialisti dedicati: 1,2 per 250.000 residenti; diversità di denominazioni, servizi eterogenei e risorse economiche scarse. E’ questo il quadro d’insieme che emerge dal Libro Bianco della NOPAIN Onlus Associazione Italiana per la cura della Malattia Dolore (www.nopain.it), il primo studio realizzato nel nostro Paese sulle Strutture di Terapia del Dolore per il dolore cronico non neoplastico, presentato a Milano.

 Una Struttura di Terapia del Dolore è quella dedicata alla diagnosi e alla cura di tutte le sindromi dolorose, oltre che alla ricerca clinica scientifica e allo sviluppo della tecnologia. Il livello di complessità organizzativa di ogni singola struttura dovrebbe consentirne una caratterizzazione e una classificazione della stessa secondo livelli di cura erogati in modo incrementale (I livello, II livello, III livello). La prescrizione di farmaci analgesici non è sinonimo di Struttura di Terapia del Dolore, ma può e deve essere effettuata da qualsiasi laureato in Medicina e Chirurgia. Le Cure Palliative nascono nei Paesi anglosassoni e sono modelli di cura domiciliari con caratteristiche socio-assistenziali dedicate prevalentemente al trattamento dei segni e sintomi presenti nelle persone con patologie terminali in fase avanzata di malattia. E’ necessario un passaggio culturale, formativo, informativo ed educativo oltre che di investimenti in modelli organizzativi con risorse adeguate per allineare il trattamento, di oltre 10 milioni di Italiani che soffrono di sindromi dolorose inutili, ai servizi offerti da altri paesi avanzati della Comunità Europea. Il dolore cronico è cosa diversa dalle Cure Palliative di fine Vita e in Italia non è ancora oggi adeguatamente trattato. Le ragioni sono diverse, tra le quali anche la scarsa percezione del valore del controllo del parametro vitale dolore da parte del paziente. Una diagnosi corretta e tempestiva, seguita da un’appropriata terapia possono incidere in modo determinante sugli esiti del dolore cronico, ovvero sull’outcome del paziente, è determinate il fattore tempo nella diagnosi oltre che nelle cure per migliorare la qualità di vita delle persone e cercare di ridurre l’imponente incidenza sui costi sociali diretti ed indiretti che le sindromi dolorose non trattate in modo adeguato determinano. Questa indagine descrittiva svolta secondo standard qualitativi e riferimenti normativi internazionali per la classificazione secondo livelli di cura delle strutture italiane denominate Terapia del Dolore e/o similari, ha coinvolto complessivamente 158 strutture pubbliche e private convenzionate, operanti in Italia, di cui 133 in grado di trattare tutte le sindromi dolorose e 25 solo una o più sindromi dolorose benigne. Non sono state oggetto di studio 26 strutture che trattano solo sindromi dolorose oncologiche.
Dall’indagine emerge che su scala nazionale risultano 0.66 strutture totali di Terapia del Dolore per 250.000 residenti ma solo 0.22 strutture avanzate di III livello per 250.000 residenti. Nelle strutture esaminate operano complessivamente solo 289 medici dedicati, 1,21 per 250.000 residenti. L’indagine, i cui risultati e le cui modalità di raccolta delle informazioni sono state certificate dalla società SPC Srl di Milano, ha evidenziato inoltre una marcata disomogeneità dei servizi offerti ai pazienti ai vari livelli, sia in termini di caratteristiche organizzative, interveti erogati, risorse a disposizione, sia per le denominazioni adottate dalle medesime strutture. La variegata denominazione non è solo una problema di forma ma anche di contenuti spesso contrastanti che sicuramente non agevola l’orientamento delle persone bisognose di cura, né favorisce la creazione di percorsi di cura ed assistenziali specifici. Ricorre la denominazione terapia del dolore (per 43 strutture), terapia antalgica (per 29 strutture), cure palliative (per 19 strutture), medicina del dolore (per 8 strutture), algologia (per 3 strutture) e medicina del benessere (per 2 strutture). Altre espressioni utilizzate sono fisiopatologia e terapia del dolore, riabilitazione delle sindromi dolorose, terapia del dolore e osteopatia, centro studi del dolore. Delle 158 strutture complessivamente analizzate – 130 pubbliche e 28 private – 53 sono di terzo livello (il più avanzato) ma di queste, solo 10 raggiungono il punteggio massimo di classificazione, 35 di secondo livello e 70 di primo livello, il più elementare. A livello regionale, numericamente la Lombardia è la prima regione con 25 strutture complessive di cui 8 di III livello, seguita da Piemonte con 17 complessive di cui 5 di III livello e Campania con 15 complessive di cui 5 di III livello. Invece la distribuzione delle strutture sia complessive (0.99) per 250.000 residenti e sia di III livello (0.50) sempre per 250.000 residenti risulta più elevata nella regione Trentino Alto Adige. La Specializzazione prevalente dei medici presenti nelle Strutture di Terapia del Dolore è Anestesia e Rianimazione. “L’intento dell’indagine condotta è di informare la pubblica opinione su queste problematiche, di sensibilizzare i professionisti e le istituzioni ad un’analisi del problema e dei vantaggi economici e sociali che derivano da un trattamento coordinato del dolore cronico” ha spiegato Paolo Notaro, Presidente NOPAIN Onlus.

“Il tutto nell’ottica di migliorare la qualità di vita delle persone riducendo sofferenze inutili”. Il dolore cronico o inutile, malattia ancora poco conosciuta e non trattata in modo adeguato, affligge in Italia circa 10 milioni di persone, delle quali 1 milione in Lombardia. Il dolore cronico è attualmente uno dei maggiori problemi in area sanitaria. La prevalenza del dolore cronico varia tra il 10,1% e il 55,2% secondo i principali e più accreditati studi epidemiologici internazionali. Essa è più elevata tra le donne che fra gli uomini, in media: 39% versus 31% e aumenta con l’età, soprattutto sopra i 65 anni. In Italia si calcola che oltre il 20% di cittadini soffrano anche per lunghi periodi della vita di sindromi dolorose conseguenti patologie croniche non neoplastiche. In numerose condizioni patologiche il sintomo dolore cessa di essere un sintomo secondario di una malattia e diventa esso stesso la principale malattia del paziente con modifiche irreversibili dei sistemi di trasmissione e percezione degli stimoli dolorose; si può riscontrare, pur con la guarigione clinica della malattia iniziale, che una persona possa continuare a percepire dolore con la stessa intensità. Il dolore - sorprendentemente - è oggi la seconda causa di assenteismo dal lavoro dovuto a cause mediche. L’impatto del dolore cronico non trattato sui pazienti, sui familiari, sui professionisti, è enorme; esso può condurre a prolungata disabilità, problematiche psicologiche, inabilità al lavoro e frequente ricorso a visite e prescrizioni mediche. Il 50% dei pazienti con dolore cronico soffre di depressione reattiva e i disturbi ansiosi sono presenti nel 40% di tali soggetti. Diventa quindi un evento limitante della vita e spesso impedisce le normali attività quotidiane, determinano elevatissimi costi sociali che incidono a più livelli sul sistema socio-economico del Paese. In Italia la spesa annua per il controllo del dolore cronico raggiunge una stima di 18.720 milioni di euro su proiezione europea intorno al 1,8-2% del PIL. I pazienti con dolore cronico presentano una complessità multidimensionale di problematiche per cui è necessaria una gestione articolata e multi-disciplinare. La complessa fenomenologia associata al dolore spiega il razionale del dolore inteso come malattia a sé stante.
"Ancora oggi" dichiara il Dott. Roberto Carlo Rossi, Vicepresidente dell'Ordine dei Medici e Odontoiatri di Milano, "quando un paziente riceve la prescrizione di un oppiaceo pensa di essere affetto da un male incurabile". "E le complesse modalità prescrittive - ancora oggi vigenti nel nostro ordinamento" continua Rossi "non fanno che rafforzare questa convinzione e questa cultura distorta". "Occorre", conclude il Vicepresidente dell'Ordine dei Medici meneghino, "che finalmente il dolore cronico si affranchi da quell'aura negativa di ineluttabilità che ancora oggi lo avvolge. Trattare questi pazienti si può e si deve e va formata una nuova generazione di professionisti in grado di portare queste cure sul territorio e di farle diventare sempre più armamentario terapeutico comune nell'arsenale clinico di ogni Medico".
Secondo Oscar Giannino, autore della prefazione del Libro Bianco, “E’ una guerra culturale, prima ancora che chemio e neuro-farmacologica. Come tutte le guerre culturali, avrà bisogno di un lungo periodo d’ingaggio, prima di portare i suoi frutti. Ma è proprio per questo che servono tutte le migliori energie della società, non solo quelle dei più responsabili tra i medici che lottano in prima linea su questa difficile trincea”. Un contributo alla diffusione della cultura del dolore può arrivare anche da altre componenti della società civile. “Il terzo settore può svolgere un ruolo importante di sensibilizzazione su queste tematiche anche di sostenibilità e sulla sussidiarietà alle cure” ha dichiarato Marco Botturi, Fondazione Maddalena Grassi.
Il Libro Bianco della NOPAIN Onlus Associazione Italiana per la cura della Malattia Dolore sarà presentato nelle principali città italiane nell’ambito di un tour di informazione della pubblica opinione e di sensibilizzazione delle amministrazioni centrali e locali al fine di incrementare le risorse umane ed economiche dedicate, i modelli organizzati e le progettualità specifiche di politica sanitaria per i milioni di cittadini che soffrono inutilmente di questa malattia.
Le prime tre tappe saranno Trieste, Torino e Napoli.
Da martedì 7 aprile è possibile effettuare il download della versione digitale del Libro Bianco dal sito internet dell’Associazione, www.nopain.it. 

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