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British Medical Journal, 'ingigantito' valore prodotti contro preosteoporosi

Ortopedia Redazione DottNet | 04/08/2008 14:36

Le più recenti pubblicazioni scientifiche hanno ingigantito il valore e l'utilità dei medicinali contro l'osteopenia o preosteoporosi, incoraggiando milioni di donne in tutto il mondo a sottoporsi ai trattamenti di prevenzione della perdita di massa ossea.

Molto spesso si è trattato di ricerche finanziate dalle industrie farmaceutiche e dunque basate su un chiaro conflitto di interesse, col risultato che in più di un'occasione sono stati evidenziati gli effetti positivi di questi prodotti e 'affossati' quelli collaterali.
E' la denuncia del 'British Medical Journal', secondo cui il caso dell'osteopenia sarebbe un chiaro esempio di fattore di rischio 'scambiato' per malattia vera e propria, con l'obiettivo di somministrare anche a persone sane dei farmaci e aumentare in tal modo i profitti delle compagnie produttrici.


La preosteoporosi è una condizione che affligge circa la metà delle donne più avanti con l'età - sottolineano gli esperti dell'università di Newcastle (Australia) - ma i dati dei test sui farmaci che la dovrebbero combattere sono stati mal interpretati: per esempio, gli autori di uno studio su questi prodotti citano una riduzione del rischio relativo di osteopenia del 75%.
Ma questo - puntualizzano gli scienziati - si traduce in un abbassamento del rischio assoluto solo dello 0,9%. In altre parole, le pazienti dovrebbero essere trattate per tre anni con questi medicinali per evitare solamente una frattura delle vertebre. Senza contare gli effetti indesiderati di queste terapie, come l'aumento del pericolo di trombi venosi. Insomma, per gli esperti australiani bisogna capire se il prossimo arrivo di farmaci contro la preosteoporosi in molti Paesi del mondo significherà un reale beneficio per le donne, o un'inutile perdita di tempo e denaro.
 

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