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Pensioni e indicizzazioni 2023: ecco chi ci guadagna e chi perde

Previdenza Redazione DottNet | 09/12/2022 16:39

I medici pensionati Inps non vengono trattati allo stesso modo di quelli dell’Enpam: le norme che disciplinano la rivalutazione dei loro trattamenti sono diverse e differenti sono anche i tempi della loro attuazione

L’inflazione a due cifre sta mordendo pesantemente, oltre che quello degli stipendi, anche il potere d’acquisto delle pensioni, e quindi la preoccupazione principale dei medici pensionati è quella di preservare il potere d’acquisto del loro assegno. Ma i medici pensionati Inps non vengono trattati allo stesso modo di quelli dell’Enpam: le norme che disciplinano la rivalutazione dei loro trattamenti sono diverse e differenti sono anche i tempi della loro attuazione. Le richieste che arrivano ai call center di Inps ed Enpam nella loro varietà possono però sintetizzarsi in due domande: quando aumenterà la mia pensione e su quanto potrò effettivamente contare? 

Partiamo dai trattamenti Inps: i pensionati di queste gestioni nell’ultimo trimestre del 2022, tredicesima compresa, grazie ai decreti del Governo Draghi hanno potuto contare su un anticipo della rivalutazione del 2023, pari al 2% della pensione in caso di trattamenti fino a 35.

000 euro annui, oltre ad uno 0,2% su tutte le pensioni di qualunque importo, a partire da novembre. Per i trattamenti al minimo (gli unici che sono stati incrementati anche dall’Enpam) si è trattato di un aumento di circa 15 euro mensili; per gli altri sino a 35.000 euro l’incremento massimo si è aggirato intorno ai 60 euro mensili (meno di 40 al netto delle tasse); sugli importi più alti, l’incremento medio netto può essere valutato intorno ai tre o quattro euro mensili, quindi irrilevante. 

I veri aumenti, però dovrebbero partire da gennaio 2023. Qui entra in gioco il Decreto del MEF firmato qualche settimana fa, che certifica al 7,3% l’aumento Istat da retrocedere sui trattamenti pensionistici. Tuttavia, questo aumento non è destinato a valere per tutti: già con la normativa Draghi esso si sarebbe dovuto applicare per intero soltanto sulle pensioni di importo pari a 4 volte il trattamento minimo (circa 2.100 euro mensili lordi); sulla quota successiva di 525 euro solo al 90%; su tutta la parte eccedente i 2.625 euro mensili lordi al 75%. A bocce ferme questi aumenti sarebbero stati applicati già a partire da gennaio, con un intervento che avrebbe ridato immediatamente respiro alle tasche degli interessati. 

Ma dalla bozza della legge di bilancio 2023 del nuovo governo, si vede che il sistema di indicizzazione delle pensioni pubbliche dovrebbe radicalmente cambiare. Mentre per le pensioni minime (525 euro) è stato previsto un incremento del 120% in più del tasso inflazionistico del 7,3% (cioè 8,76%) con un aumento di circa 45 euro al mese, per gli importi pensionistici più elevati i nuovi criteri sono molto più penalizzanti, specie se si considera che le percentuali di abbattimento si applicano sull’intera pensione e non soltanto sulle quote più alte, come accadeva in precedenza.

Fino a 4 volte il minimo Inps ( 2.100 euro ) > 100 % = + 7,3 %

Sino a 5 volte il minimo Inps ( da 2.100 a 2.625 ) > 80 % = + 5,84 %

Sino a 6 volte il minimo Inps ( da 2.625 a 3.150 ) > 55 % = + 4.01 %

Sino a 8 volte il minimo Inps ( da 3.150 a 4.200 ) > 50% = + 3,65 %

Sino a 10 volte il minimo Inps ( da 4.200 a 5.250 ) > 40 % = + 2,92 %

Sopra 10 volte il minimo ( da 5.250 in poi)> 35 % = + 2,55 %

Si tratta di un evidente taglio degli incrementi previsti, con un recupero inflattivo assolutamente modesto, e quindi con una perdita notevole del valore delle pensioni. Adesso ci si chiede cosa farà l’Inps anche a livello di tempistica, cioè quando applicherà gli aumenti. Le strade sono tre: applicare da gennaio 2023 la normativa sinora vigente ed attivare dei recuperi dopo l’approvazione della legge di bilancio; applicare in via provvisoria il nuovo schema, con il rischio che cambi in corsa e debbano essere necessari dei ricalcoli; o lasciare per ora invariati gli importi di dicembre 2022, applicando il nuovo schema da febbraio, con erogazione degli arretrati. Si capirà a breve dalle circolari e dai messaggi dell’Istituto. 

Passando alle pensioni Enpam lo schema è ormai consolidato. La base è data dalla variazione Istat fra l’anno 2022 e l’anno 2021, che verrà elaborata a fine gennaio. Sulla quota di pensione fino a 4 volte il minimo l’indicizzazione sarà pari al 75% dell’Istat; sulla quota eccedente si fermerà al 50 per cento. Riguardo al quando, considerando che la delibera Enpam è soggetta all’approvazione dei ministeri vigilanti, gli aumenti verosimilmente non verranno pagati (ovviamente con tutti gli arretrati calcolati da gennaio) prima di aprile 2023. Fino a quel momento, quindi, i pensionati Enpam non vedranno un euro.

Riguardo al quanto, si vede chiaramente che il meccanismo dell’Enpam sui trattamenti più bassi è meno favorevole di quello che si appresta ad entrare in vigore per le pensioni pubbliche, mentre consente un miglior recupero del potere d’acquisto su quelli più elevati, orientativamente da 4.000 euro lordi mensili in poi. Va peraltro ricordato che buona parte dei trattamenti Enpam di importo irrisorio sono erogati a soggetti (principalmente ex ospedalieri) che godono anche di una pensione Inps.

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