Mal di schiena fisso per un lavoratore su 4 (24%), soprattutto nei settori sanità ed edilizia. Dolori a collo, spalle e arti per più di uno su 5 (22%), specie 30-49enni e donne di mezza età. E a completare il quadro, malattie gravi e deformanti come l'artrite reumatoide e le spondiloartropatie. I reumatismi sono una piaga sociale che ruba braccia al lavoro, e che in tempo di crisi fa ancora più paura: i disturbi a muscoli e ossa rappresentano nell'Unione europea, Italia compresa, il 50% delle malattie professionali e il 60% delle cause di disabilità occupazionale permanente.
Un esercito di 'disoccupati forzati' descritto oggi a Copenhagen, in occasione del congresso annuale dell'Eular (Lega europea contro i reumatismi), durante un simposio promosso dall'organizzazione non-profit britannica Work Foundation. Dalla capitale danese ricercatori e associazioni di pazienti lanciano un appello ai reumatologi, inviandoli ad aiutare i malati ad essere 'Abili al lavoro'. Si chiama infatti così un progetto firmato dalla Work Foundation per sottolineare "il valore terapeutico del lavoro per i pazienti - spiega il responsabile del comitato scientifico dell'iniziativa, Paul Emery, professore di reumatologia all'università di Leeds (Gb) - alla luce del fatto che, allo stato attuale, i progressi in campo terapeutico permettono di usare la capacità lavorativa come outcome misurabile del trattamento". Più
semplicemente, riuscire a non rinunciare al lavoro può e deve essere considerato un obiettivo terapeutico prioritario. L'intervento precoce e l'efficacia nella gestione del trattamento farmacologico, ricordano gli esperti, migliora le capacità lavorative dei malati a vantaggio dei pazienti stessi, della società e dell'economia del loro Paese.
1) Incoraggiare i pazienti a esercitare il proprio diritto di ricevere la diagnosi precoce e il trattamento della propria patologia, in modo da essere 'Abili al lavoro'.
2) Collaborare con i datori di lavoro per andare oltre il concetto di "rischio sanitario e connesso alla sicurezza", al fine di promuovere la salute e il benessere dei lavoratori.
3) Impegnarsi con i 'policy maker' con l'obiettivo di armonizzare i programmi nazionali ed europei in materia di salute, in modo tale che i cittadini-lavoratori siano in salute e continuino a lavorare.
4) Fare in modo che l'essere 'Abili al lavoro' rappresenti per ipazienti un importante obiettivo clinico.
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