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Dal Corriere del Mezzogiorno: Influenza A, l’infettivologo: «Meglio contagiarsi ora»

Medicina Generale Silvio Campione | 30/07/2009 11:12

I «suina party»? Secondo il primario di infettivologia all’ospeda­le Cotugno di Napoli, Franco Faella — un’autorità nel suo campo — non so­no per niente una cattiva idea. Il medi­co napoletano, al quale vengono sotto­posti tutti i casi di infezione più «ro­gnosi » in territorio regionale, ne ha vi­ste veramente di tutti i colori. Forse è per questo che, di fronte all’imminen­te dilagare dell’influenza A, prima co­nosciuta come «influenza suina», ha sviluppato una certa dose di pragmati­smo disincantato e, perché no, di pi­glio provocatorio. Il suina party , la cui idea fa storcere il naso alla stragrande maggioranza dei medici di tutto il mondo, consiste nell’approcciare uno o più malati di «influenza A» volonta­riamente, a distanza ravvicinata e con la certezza di contrarre il virus, con lo scopo di affrontare la malattia ora che è diffusa in una forma più lieve di quel­la che conosceremo nel periodo inver­nale. Praticamente, cogliere la «suina» in contropiede, offrendosi come vitti­ma sacrificale del virus H1N1, i cui ef­fetti lo ricordiamo sono generalmen­te, per ora, più lievi di una normale in­fluenza.

Ieri il Corriere del Mezzogior­no ha intervistato il direttore sanitario del Cotugno, Cosimo Maiorino, il qua­le raccontava come i casi di influenza A attualmente riscontrati a Napoli so­no 67 (nessuno di loro è grave). Tutte persone che, una volta esaminate dai medici del nosocomio partenopeo, so­no state riscontrate positive al virus H1N1. I casi sospetti trattati dall’ospe­dale sono invece 174, restando ai dati aggiornati al 25 luglio. Tutte le perso­ne infette, diceva Maiorino, tornavano da viaggi all’estero. La percentuale di trasmissione da napoletano a napoleta­no, dunque, sarebbe minima se non addirittura nulla. Con i suina party , le cose andrebbero diversamente.

Dottor Faella, ma è così assurda l’idea del suina party?

«Non è affatto un’idea stupida: tutto sommato, l’influenza A è meglio pren­derla adesso».

Lei sa come si svolge un suina par­ty?

«Certo. Andiamo a prendere uno dei nostri pazienti sicuramente conta­giati, ci mettiamo a fianco a lui e, in un modo o nell’altro, prendiamo l’influen­za anche noi».

È così che sono state contagiate le persone tornate dall’estero?

«Si tratta esclusivamente di casi di ‘importazione’. Possiamo dire che il 90% delle persone tornate a Napoli col virus dell’influenza A, è stata in Gran Bretagna. Chi a Londra, chi a York, la maggior parte nell’ambito di viaggi or­ganizzati. Succede proprio così: fanno vita di comunità, mangiano insieme, dormono insieme. Sono queste le con­dizioni in cui si verificano i termini epidemiologici più favorevoli. Ad ogni modo, come affermava ieri il direttore sanitario Maiorino, non c’è alcun moti­vo di allarmismo».

Nonostante il virus si diffonda ra­pidamente in tutto il mondo?

«Dobbiamo tener presente che, an­che in presenza di 67 casi, stiamo sem­pre parlando di casi sporadici. Tra qual­che mese l’influenza si diffonderà sul serio, anche il nostro Paese verrà diret­tamente coinvolto nella pandemia, e al­lora i casi a Napoli saranno migliaia. A quel punto, la diagnosi che faremo sa­rà clinica ed epidemiologica. Smettere­mo di fare le analisi. Col numero di pa­zienti che ci aspettiamo di ricevere, non si potrebbe fare altrimenti».

Quindi non farete più i test?

«No, i test per riscontrare l’eventua­le presenza del virus H1N1 diventeran­no inutili, lunghi e dispendiosi, doven­do trattare migliaia di persone. Ora li stiamo facendo perché i casi sono spo­radici, e per monitorare l’andamento della situazione».

Quando sarà il momento, le strut­ture sanitarie campane saranno in grado di gestire l’emergenza?

«Se come strutture intende gli ospe­dali, sicuramente no. Ma non soltanto i nostri ospedali: quelli di tutto il mon­do non potrebbero mai farcela. Al Co­tugno, tratteremo soltanto i casi più complicati che arriveranno con l’inver­no. Le persone che presentano una for­ma influenzale non complicata, con i sintomi classicamente legati all’in­fluenza, verranno trattate in casa pro­pria con le cure del caso e con l’isola­mento domiciliare».

Quando parla dei «casi complica­ti » che arriveranno in inverno, si rife­risce ai colpiti dalla probabile muta­zione del virus?

«Mi riferisco a una serie di condizio­ni che, anche a causa del periodo, del clima, della diffusione influenzale a cui già assistiamo con l’arrivo dell’in­verno, possono rendere la malattia più critica. La mutazione del virus H1N1 è un discorso che viene tenuto in considerazione, ma non deve desta­re eccessivo allarme. E’ ovvio che noi, come scienziati, dobbiamo tenere in conto questa possibilità da un punto di vista strettamente scientifico. La mutazione del virus è possibile, com’è possibile che si ‘combini’ col virus in­fluenzale già presente nel nostro Pae­se. Questo nessuno lo esclude, ma non è detto che accada. Si tratta semplice­mente di una possibilità».
 

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