I «suina party»? Secondo il primario di infettivologia all’ospedale Cotugno di Napoli, Franco Faella — un’autorità nel suo campo — non sono per niente una cattiva idea. Il medico napoletano, al quale vengono sottoposti tutti i casi di infezione più «rognosi » in territorio regionale, ne ha viste veramente di tutti i colori. Forse è per questo che, di fronte all’imminente dilagare dell’influenza A, prima conosciuta come «influenza suina», ha sviluppato una certa dose di pragmatismo disincantato e, perché no, di piglio provocatorio. Il suina party , la cui idea fa storcere il naso alla stragrande maggioranza dei medici di tutto il mondo, consiste nell’approcciare uno o più malati di «influenza A» volontariamente, a distanza ravvicinata e con la certezza di contrarre il virus, con lo scopo di affrontare la malattia ora che è diffusa in una forma più lieve di quella che conosceremo nel periodo invernale. Praticamente, cogliere la «suina» in contropiede, offrendosi come vittima sacrificale del virus H1N1, i cui effetti lo ricordiamo sono generalmente, per ora, più lievi di una normale influenza.
Ieri il Corriere del Mezzogiorno ha intervistato il direttore sanitario del Cotugno, Cosimo Maiorino, il quale raccontava come i casi di influenza A attualmente riscontrati a Napoli sono 67 (nessuno di loro è grave). Tutte persone che, una volta esaminate dai medici del nosocomio partenopeo, sono state riscontrate positive al virus H1N1. I casi sospetti trattati dall’ospedale sono invece 174, restando ai dati aggiornati al 25 luglio. Tutte le persone infette, diceva Maiorino, tornavano da viaggi all’estero. La percentuale di trasmissione da napoletano a napoletano, dunque, sarebbe minima se non addirittura nulla. Con i suina party , le cose andrebbero diversamente.
Dottor Faella, ma è così assurda l’idea del suina party?
«Non è affatto un’idea stupida: tutto sommato, l’influenza A è meglio prenderla adesso».
Lei sa come si svolge un suina party?
«Certo. Andiamo a prendere uno dei nostri pazienti sicuramente contagiati, ci mettiamo a fianco a lui e, in un modo o nell’altro, prendiamo l’influenza anche noi».
È così che sono state contagiate le persone tornate dall’estero?
«Si tratta esclusivamente di casi di ‘importazione’. Possiamo dire che il 90% delle persone tornate a Napoli col virus dell’influenza A, è stata in Gran Bretagna. Chi a Londra, chi a York, la maggior parte nell’ambito di viaggi organizzati. Succede proprio così: fanno vita di comunità, mangiano insieme, dormono insieme. Sono queste le condizioni in cui si verificano i termini epidemiologici più favorevoli. Ad ogni modo, come affermava ieri il direttore sanitario Maiorino, non c’è alcun motivo di allarmismo».
Nonostante il virus si diffonda rapidamente in tutto il mondo?
«Dobbiamo tener presente che, anche in presenza di 67 casi, stiamo sempre parlando di casi sporadici. Tra qualche mese l’influenza si diffonderà sul serio, anche il nostro Paese verrà direttamente coinvolto nella pandemia, e allora i casi a Napoli saranno migliaia. A quel punto, la diagnosi che faremo sarà clinica ed epidemiologica. Smetteremo di fare le analisi. Col numero di pazienti che ci aspettiamo di ricevere, non si potrebbe fare altrimenti».
Quindi non farete più i test?
«No, i test per riscontrare l’eventuale presenza del virus H1N1 diventeranno inutili, lunghi e dispendiosi, dovendo trattare migliaia di persone. Ora li stiamo facendo perché i casi sono sporadici, e per monitorare l’andamento della situazione».
Quando sarà il momento, le strutture sanitarie campane saranno in grado di gestire l’emergenza?
«Se come strutture intende gli ospedali, sicuramente no. Ma non soltanto i nostri ospedali: quelli di tutto il mondo non potrebbero mai farcela. Al Cotugno, tratteremo soltanto i casi più complicati che arriveranno con l’inverno. Le persone che presentano una forma influenzale non complicata, con i sintomi classicamente legati all’influenza, verranno trattate in casa propria con le cure del caso e con l’isolamento domiciliare».
Quando parla dei «casi complicati » che arriveranno in inverno, si riferisce ai colpiti dalla probabile mutazione del virus?
«Mi riferisco a una serie di condizioni che, anche a causa del periodo, del clima, della diffusione influenzale a cui già assistiamo con l’arrivo dell’inverno, possono rendere la malattia più critica. La mutazione del virus H1N1 è un discorso che viene tenuto in considerazione, ma non deve destare eccessivo allarme. E’ ovvio che noi, come scienziati, dobbiamo tenere in conto questa possibilità da un punto di vista strettamente scientifico. La mutazione del virus è possibile, com’è possibile che si ‘combini’ col virus influenzale già presente nel nostro Paese. Questo nessuno lo esclude, ma non è detto che accada. Si tratta semplicemente di una possibilità».
"Chiediamo il sostegno del Presidente Mattarella, per richiamare la cittadinanza. Sarebbe paradossale che le organizzazioni sindacali dovessero trovarsi a ragionare su un possibile sciopero contro i cittadini nella veste di pazienti"
"Per molti presidenti di Regione i medici di medicina generale dovrebbero diventare dipendenti del Servizio sanitario nazionale". "Mancano 4500 medici e 10mila infermieri"
Rea (Simg Lazio): “Tra le principali esigenze, è fondamentale l’inserimento di personale infermieristico e amministrativo. Come le farmacie dei servizi ricevono investimenti anche la Medicina Generale può moltiplicare le sue funzioni”
Questo codice, attualmente in vigore, limita fortemente la possibilità di dar seguito a uno sciopero vero ed efficace, ostacolando di fatto qualsiasi iniziativa
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