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Efficacia dei probiotici nelle infezioni da Rotavirus

Gastroenterologia Redazione DottNet | 15/09/2009 16:40

Vito Trinchieri
Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali
Università “Sapienza” Roma
 

Le infezioni da rotavirus possono determinare gravi forme di gastroenterite: le cifre mondiali parlano di due milioni di ricoveri ospedalieri e 600.000 decessi, prevalentemente in ambito pediatrico e con un’età inferiore ai cinque anni (Parashar, Emerg Infect Dis, 2006: 12, 304), con una prevalenza invernale nelle regioni a clima temperato e senza una stagionalità precisa nei climi tropicali; i dati forniti dall’Asian Rotavirus Surveillance Network evidenziano una positività per i rotavirus nel 75% dei ricoveri ospedalieri per diarrea nella sola Corea del Sud.

Anche se nei paesi industrializzati raramente la gastroenterite da rotavirus è letale, si tratta comunque di una patologia che incide non poco sulla spesa sanitaria: la situazione italiana sfiora le 80.000 visite annuali, dalle quali conseguono circa 10.000 ricoveri ospedalieri.
Trasmessa prevalentemente per via oro-fecale, dopo un’incubazione di 24-48 ore l’infezione da rotavirus determina un quadro sintomatologico acuto piuttosto aspecifico e caratterizzato da diarrea profusa accompagnata da febbre moderata, disturbi gastrici e vomito; nell’arco di una settimana i sintomi calano progressivamente di intensità, fino a sparire. Nel bambino e nel lattante gli episodi acuti possono protrarsi anche per diverse settimane, esponendo il piccolo paziente ad un elevato rischio di disidratazione; al contrario, l’adulto presenta un quadro clinico di scarso significato, se non addirittura asintomatico (rappresentando però una possibile sorgente di infezione all’interno del nucleo familiare). Nel caso in cui le condizioni cliniche la rendano necessaria, la diagnosi eziologica viene effettuata mediante isolamento degli antigeni specifici in campioni fecali con tecniche immuno-enzimatiche.
Per prevenire questa patologia è stata proposta una strategia vaccinale ristretta ad alcuni cloni virali: l’efficacia di tale intervento però risulta essere ostacolata da variazioni geografiche relative all’incidenza e alla distribuzione dei singoli genotipi del virus; molto più promettente, dal punto di vista della prevenzione e del trattamento delle diarree da rotavirus, sembra essere l’utilizzazione di probiotici ad alta concentrazione.

Uno studio randomizzato in doppio cieco versus placebo, condotto dal gruppo coordinato da Prakash Dubey presso il Lok Nayak Hospital di Nuova Delhi, ha coinvolto 224 piccoli pazienti con un’età compresa tra 6 mesi e due anni affetti da diarrea da Rotavirus (J Clin Gastroenterol, 2008): i risultati hanno confermato la capacità mostrata in altri lavori analoghi da parte dei probiotici ad elevata concentrazione nel migliorare la situazione clinica dei pazienti con diarrea, anche nel caso di eziologie diverse dal Rotavirus. Nello specifico, l’utilizzo del VSL#3 ha migliorato in maniera statisticamente significativa durata e severità dei singoli episodi acuti di diarrea, così come la durata del tempo di ospedalizzazione rispetto ai pazienti trattati con placebo, mentre non è stato rilevato alcun effetto avverso.
I risultati assumono un significato maggiore se si considera l’estensione della patologia sul territorio indiano, dove il Rotavirus rappresenta un killer implacabile per un bambino su venti.
Roger Glass, coordinatore della sezione Gastroenteriti Virali del CDC statunitense, afferma che “le infezioni da Rotavirus costituiscono un problema mondiale, con una incidenza ovviamente maggiore nel caso dei paesi in via di sviluppo; è necessario procedere al più presto con un massiccio piano di prevenzione vaccinale”. Nessuno però può permettersi di sottovalutare il peso economico di una tale strategia. E’ in tale ottica che assumono maggior valore i dati dello studio indiano: i pazienti trattati con VSL#3 associano, ad una migliore risposta sui sintomi, nessuna particolare differenza tra i genotipi di rotavirus controllabili dal vaccino e quelli non controllabili (genotipi G e P) evidenziati nel gruppo in trattamento (Chakravarti et al, in press). L’intervento “locale” effettuato con l’integrazione probiotica costituisce quindi una valida alternativa che, con tutta probabilità, può permettersi di prescindere dalla specificità genotipica implicata. La valutazione globale di un approccio con il VSL#3 evidenzia un vantaggio non indifferente rispetto ad una strategia vaccinale, resa più difficoltosa da una localizzazione geografica del virus che obbliga una selezione molto attenta dei ceppi impiegati; a differenza di quanto invece si verifica con un miglioramento qualitativo e quantitativo della microflora intestinale, in grado di auto-determinare nell’individuo una difesa immunitaria più efficiente e duratura, utile anche in contesti patologici determinati da elementi eziologici diversi dal rotavirus. In estrema sintesi, i dati riportati ci indicano tempi sono maturi per considerare l’utilizzo di un probiotico multiceppo ad elevata concentrazione quale il VSL#3 come efficace ed economica terapia di supporto alla reidratazione nel trattamento delle infezioni gastroenteriche da Rotavirus.

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