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Farmaci biologici contro il morbo di Crohn

Medicina Generale Redazione DottNet | 07/10/2008 23:27

L'introduzione sempre più precoce dei nuovi farmaci biologici può modificare la storia naturale delle malattie infiammatorie croniche intestinali, come il morbo di Crohn e la rettocolite ulcerosa, portando il paziente a trascorrere lungi periodi senza i sintomi della malattia? E' una delle domande cui cercheranno di rispondere i maggiori esperti mondiali, impegnati a livello clinico e di ricerca, riuniti all' Humanitas di Rozzano in occasione della VI edizione dell' European Mucosal Immunology Group Meeting (EMIG 2008).

Queste malattie colpiscono più di 4 milioni di persone nel mondo, 200mila solo in Italia. Fino ad alcuni anni fa costringevano i pazienti a ripetuti interventi chirurgici, ma oggi farmaci diversi permettono di controllare meglio l' infiammazione. ''La ricerca - spiega Silvio Danese, che in Humanitas coordina il Centro per le malattie infiammatorie croniche intestinali - ci sta aiutando ogni giorno ad aggiungere nuove tessere nel puzzle che costituisce la complessa serie di molecole a base dell'infiammazione intestinale. Una di queste molecole-chiave è il TNF(tumor necrosis factor): per questo l' utilizzo di farmaci che bloccano il TNF rappresenta una delle migliori armi a disposizione nella pratica clinica moderna''. Ma l'obiettivo di 'spegnere' le molecole che fanno dialogare i linfociti attivati che danneggiano l'intestino non si ferma al TNF: sono in fase di sperimentazione clinica nuovi e potenti farmaci rivolti contro diverse altre molecole dannose.

E non solo: ''Studi recenti - afferma Danese - hanno dimostrato l' esistenza di un gruppo di pazienti per i quali questa malattia è correlata a un deficit genetico. Il sistema immunitario intestinale risulta più debole, e la diminuita azione difensiva della barriera intestinale facilita la diffusione incontrollata dei patogeni, provocando per compensazione una riposta violenta dell'immunità specifica. Questo nuovo presupposto ha anche permesso di chiarire quanto sia determinante per lo sviluppo delle malattie infiammatorie intestinali la mancanza di equilibrio tra flora batterica e cellule dell'intestino.
L'obiettivo - conclude Danese - ora e' trovare le sostanze adatte a rafforzare il sistema innato e, sebbene in fase iniziale, alcune sperimentazioni in corso, anche in Humanitas, stanno dando i primi risultati positivi''. Uno degli studi più promettenti, pubblicato recentemente sulla rivista Gastroenterology, ha dimostrato l'importanza della proteina JAM-A nel mantenere unite le cellule che compongono la barriera intestinale: in pazienti affetti da queste malattie questa proteina è infatti scarsamente presente. Un altro versante della ricerca ha identificato la formazione di nuovi vasi sanguigni (angiogenesi) come una nuova componente dell'infiammazione intestinale, che rende disponibili un maggior numero di sostanze nutritive ai globuli bianchi responsabili del danno infiammatorio. Infine, è recente la scoperta di NEMO, una proteina presente nell' intestino, in grado di riconoscere e combatte i batteri presenti nella flora intestinale prevenendo malattia di Crohn e rettocolite ulcerosa. Si è anche scoperto che l'azione di NEMO è collegata con quella del TNF, scoperta che ha dato un' ulteriore conferma del ruolo cruciale di questa molecola in queste malattie.

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