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Malattie rare, il ruolo del medico di famiglia

Medicina Generale Redazione DottNet | 28/05/2011 15:44

"Uniti e rari" questo il titolo della tavola rotonda promossa a Napoli con l'obiettivo di accendere i riflettori sulle tematiche riguardanti la consulenza genetica e i farmaci orfani per le malattie rare. Delle malattie rare infatti si parla sempre meno e sono centinaia di migliaia le famiglie che ogni giorno lottano col dolore per la speranza. A promuovere il forum la Simg (Società italiana di medicina generale) presieduta per la Campania da Giovanni Arpino. A Città della Scienza presenti i pazienti con i loro familiari, associazioni, ricercatori, professionisti della salute, che si confrontano trasversalmente su cosa sono le malattie rare, come vengono diagnosticate e perché i farmaci per curarle sono definiti orfani.

 Divulgate informazioni chiare sui progressi della ricerca scientifica in materia e sul loro impatto diretto sulla qualità della vita del paziente. Presente anche la Comegen ( Cooperativa di medici di medicina generale ) che da due anni partecipa a un programma di sensibilizzazione volto alla gestione dei pazienti affetti da malattie rare, a cura della Simg e della Fimmg Nazionale con il segretario provinciale Luigi Sparano. "Obiettivo di un efficace ed efficiente Servizio Sanitario Nazionale dovrebbe essere quello di far crescere nei medici di famiglia la cultura delle malattie rare - dichiara Gaetano Piccinocchi Segretario Organizzativo Nazionale della Simg - per migliorare le risposte assistenziali e di conseguenza la qualità di vita dei propri pazienti" - dichiara Gaetano Piccinocchi. E' lui ad analizzare il quadro della situazione, numeri alla mano. "Le malattie rare offrono importanti criticità in tutto l'arco del loro iter curativo, dalla diagnosi (ci vogliono in media 3-5 anni per una diagnosi e non è raro raggiungere i sette anni) alla terapia (sono malattie croniche, ingravescenti, in pochi casi dispongono di una terapia farmacologica che spesso è classificata come orfana), all'assistenza (la cronicità e l'ingravescenza delle malattie rare complicano la definizione di politiche sociosanitarie), al controllo della malattia e delle complicanze e, per finire, con la presa in carico (l'invalidità e la disabilità, componenti frequenti nelle malattie rare, pongono problemi complessi e diversi nell'età pediatrica ed adulta)".

"Pur con sporadiche eccezioni alle criticità segnalate - sostiene Piccinocchi - si aggiunge la mancanza di informazioni e di strumenti utili per aiutare il medico di famiglia sia nella sua formazione sia nel suo quotidiano lavoro con i pazienti. Lacune che rendono impossibile un'efficace presa in carico del paziente da parte del medico di medicina generale con esiti gravi, soprattutto in considerazione delle peculiarità delle malattie rare di condizionare completamente la qualità di vita delle persone colpite e di esigere un approccio necessariamente multidisciplinare ed olistico al paziente. Il segretario Organizzativo Nazionale della SIMG mette a confronto il trattamento delle malattie genetiche in Inghilterra e in Italia. "Nel mondo anglosassone, dove la medicina generale è materia di insegnamento universitario con la stessa dignità di qualsiasi altra branca specialistica, essa viene definita come la disciplina medica che offre una assistenza continua, completa ed orientata alla prevenzione a livello comunitario.
Nel nostro panorama sanitario nazionale il medico di famiglia è una delle poche figure professionali in grado di vedere soggetti sani, dal momento che in un anno viene contattato dal 75% circa dei suoi pazienti e dal 100 per cento circa in tre anni, e che mediamente un assistito si reca da lui circa 5 volte l'anno. Ne deriva che il medico di famiglia occupa una posizione strategica nella diagnosi precoce di malattia rara". Dovrebbe essere, sottolinea Piccinocchi - il 'case manager', ovvero l'operatore che si fa carico di tutte le esigenze della persona assistita, intervenendo anche nei rapporti con la famiglia, le istituzioni, il personale sanitario, ecc. Al medico di famiglia non dovrebbe sfuggire nulla dello spettro fenomenologico presente nei suoi pazienti. La sua cultura dovrebbe consentirgli di riconoscere, definire e trattare, tutto quanto meriti di essere riconosciuto, definito, trattato". Ciò nonostante a fare diagnosi sono soprattutto gli specialisti in più di 8 casi su 10, mentre i medici di medicina generale ipotizzano una malattia rara solo nel 4,2 % dei casi ( i pediatri nel 16,75), pur sapendo che tra i 1500 assistiti di un medico di famiglia vi dovrebbero essere dai 4 agli 8 pazienti con malattia rara. Anche quando la diagnosi viene effettuata da un centro di riferimento, spesso è il paziente stesso che funge da raccordo con il proprio medico, riportando i contenuti della comunicazione e nello stesso tempo ponendo domande su prognosi e prospettive terapeutiche. Tutto ciò denota una totale mancanza di informazioni e di strumenti utili per aiutare il medico di medicina generale sia nel suo percorso formativo, sia nel suo lavoro quotidiano nei confronti di tali pazienti. Obiettivo di un efficace ed efficiente SSN dovrebbe essere quello di far crescere nei medici di famiglia la cultura delle malattie arre per migliorare le risposte assistenziali e di conseguenza la qualità di vita dei propri pazienti. Andrebbero quindi colmate - conclude Gaetano Piccinocchi - sia le carenze informative (normativa vigente, centri di riferimento locali, diritti all'esenzione ticket), sia carenze formative (ECM - ASL - industria farmaceutica) che porrebbero il medico di famiglia a ricoprire quel ruolo di indirizzo ad un centro specialistico al primo sospetto, e di tramite tra centro e paziente e di garanzia della continuità assistenziale".

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