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Stati vegetativi, il medico di famiglia resta la figura clinica di riferimento. L'infarto è la causa principale della disabilità

Medicina Generale Silvio Campione | 15/06/2011 15:50

Oltre un terzo dei medici di medicina generale conta tra i propri assistiti pazienti in stato vegetativo o di minima coscienza. Sia con assistenza a domicilio sia in strutture residenziali il medico di famiglia costituisce per il 97% dei casi la figura clinica di riferimento. La maggioranza dei pazienti vive abitualmente a casa: il 55% al Nord, il 63% al Centro e il 70% al Sud. Si trova in strutture residenziali il 44% dei pazienti al Nord, il 36% al Centro e il 27% al Sud. Sono alcuni dei dati raccolti dal Centro Studi nazionale della Fimmg, diretto da Paolo Misericordia, attraverso un questionario effettuato a marzo su un campione di oltre mille medici di medicina generale: la ricerca la più ampia mai condotta in Italia su questa patologia nella fase di assistenza territoriale.

 Infarti ed emorragie cerebrali sono la causa di tre quarti degli stati vegetativi (sv) o degli stati di minima coscienza (smc) registrati in Italia. Due diagnosi diverse che hanno bisogno in teoria della stessa assistenza sanitaria; ma nella pratica, avere una smc significa stare un po' meglio clinicamente, e molto peggio dal punto di vista dell'assistenza.
E' il quadro tracciato dal progetto nazionale guidato da Matilde Leonardi dell'Istituto neurologico Besta di Milano, insieme al Centro di Bioetica della Cattolica, ai rappresentanti di 78 centri italiani, 39 associazioni di familiari e pazienti e alla Federazione dei medici di famiglia (Fimmg).
L'indagine, durata due anni, ha evidenziato che i pazienti sono per la maggior parte maschi (60%) con eta' media di 55 anni, e che ad assisterli sono nel 70% dei casi delle donne. Sui circa 600 malati interpellati (tra cui 36 bambini) la maggior parte (61%) e' nel Nord Italia, e praticamente tutti (94%) sono alimentati con il sondino.
Secondo l'indagine, spiega Leonardi, 'ci sono diversita' tra Nord e Sud: al Nord ci sono piu' strutture, al Sud e' spesso tutto a carico delle famiglie'. Lo studio ha stabilito inoltre che le esigenze dei due tipi di malati sono le stesse, e prescindono dalla diversa diagnosi; purtroppo, pero', i finanziamenti per assistere il paziente e la sua famiglia non vengono distribuiti equamente.

'I malati con smc dovrebbero essere supportati e seguiti come quelli con sv - continua l'esperta - e non si dovrebbe discriminarli rispetto a quelli in stato vegetativo, perche' dal punto di vista assistenziale hanno esattamente gli stessi bisogni'. Attualmente, invece, si tende (erroneamente) a considerare gli stati vegetativi piu' gravi, lasciando le famiglie che devono gestire una smc senza finanziamenti e supporto.
'Il funzionamento dei finanziamenti - conclude Leonardi - non deve essere legato alle diagnosi. Bisogna essere pronti a farsi carico di questi pazienti e delle loro necessita'. Quello che possiamo fare subito e' rendere migliore la loro qualita' di vita, supportare di piu' le famiglie e potenziare le strutture'. L'iniziativa è nata nell'ambito di un Progetto nazionale di ricerca, finanziato dal Centro Nazionale per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (CCM) del ministero della Salute e coordinato dall'Istituto Besta di Milano.
  "L'indagine è stata orientata a conoscere le dimensioni di un fenomeno che è motivo di enorme sofferenza per gli stessi pazienti, ma soprattutto per i loro familiari e causa di importanti oneri assistenziali per il sistema sanitario e per tutti i care-giver coinvolti - ha spiegato Paolo Misericordia - i dati sinora disponibili per tali patologie nelle fasi della gestione domiciliare sono ridotti e comunque poco rilevanti, essenzialmente dedotti dalle schede di dimissione ospedaliera. Non esistono in particolare informazioni sugli effettivi livelli assistenziali nelle differenti aree del Paese".Dall'indagine emerge purtroppo che quasi il 25% dei pazienti che vive abitualmente nella propria abitazione non dispone di alcun servizio di assistenza domiciliare, con un picco del 35% al Sud. Oltre al medico di medicina generale, la figura professionale più frequentemente coinvolta nell'assistenza è l'infermiere, seguita dal fisioterapista e dall'operatore socio-sanitario. Interessanti appaiono anche le informazioni relative alle maggiori criticità assistenziali per i pazienti e per le famiglie, percepite dal medico: al primo posto c'è l'assistenza psicologica, poi quelle riabilitativa, sociale, medico-specialistica e infermieristica costituiscono, nell'ordine, le successive aree di maggior criticità, senza particolari differenze per distribuzione geografica. Il medico di medicina generale riferisce che un suo ruolo importante e' proprio quello di supportare psicologicamente la famiglia e di gestire fasi complesse e onerose dell'assistenza, interpretando il ruolo di case-manager ed intercettando bisogni. "E' uno studio importante per scattare una fotografia del fenomeno - ha dichiarato Fiorenzo Corti, responsabile nazionale della comunicazione di Fimmg - i dati testimoniano l'impegno della Fimmg a promuovere e valorizzare il ruolo dei medici di medicina generale come sensori periferici dei bisogni assistenziali dei cittadini italiani e delle loro famiglie, con particolare riguardo alle aree di maggior fragilità".

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