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900 mila italiani con epatite B ma solo 2% si cura

Gastroenterologia Redazione DottNet | 13/10/2008 12:55

L'epatite B, nonostante la vaccinazione obbligatoria introdotta nel 1991, non è scomparsa in Italia. Anzi, il trend di calo dell'infezione si è fermato mantenendosi costante. Secondo i dati dell'Istituto superiore di sanità sono 900 mila gli italiani, soprattutto adulti, con epatite B cronica in Italia, ma solo 20 mila sono in cura, appena il 2%. Un fenomeno sommerso nel nostro Paese sul quale punta i riflettori uno studio 'in partenza' - denominato Icerberg e promosso da Novartis Farma - che coinvolge 20 centri della Penisola specializzati nel trattamento dell'epatite B, malattia subdola, perché non ha sintomi ma può avere gravi conseguenze. E' infatti la causa più diffusa di cancro dopo il tabacco: nel mondo è all'origine dell'80% di tutti i casi di tumore al fegato.
 

La costante diminuzione dei casi d'infezione - a trasmissione sessuale o legata a contatti con sangue o saliva di persone infette - si è fermata, secondo gli esperti, anche a causa dei flussi migratori, con l'arrivo nel nostro Paese di immigrati provenienti da aree dove la malattia è ancora presente. Ma non mancano i casi di adulti con 'vecchie' infezioni, precedenti all'introduzione del vaccino.
"L'epatite cronica B - afferma Mario Rizzetto, professore di Gastroenterologia e direttore della divisione di gastroepatologia dell'ospedale Molinette, università di Torino - è ampiamente sottovalutata". Sui 900 mila casi stimati si cura appena il 2%.

La maggioranza, dunque, non sa di avere l'infezione. "E noi - spiega l'esperto - non sappiamo quanti malati abbiano effettivamente bisogno di cure. Possiamo stimare che il 50% delle persone che hanno contratto il virus, potrebbe beneficiare delle cure attuali, molto avanzate e in grado di tenere sotto controllo il virus. L'altro 50%, invece, potrebbe essere solo portatore sano della malattia".
L'epatite B, infatti, si può curare ma non eliminare e, oggi, i medici hanno a disposizione farmaci per terapie mirate (come la telbivudina), efficaci e che possono essere, anche grazie al numero maggiore di terapie disponibili, protratte nel tempo variando i medicinali.

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E le cure possono essere utili anche per i cosiddetti 'portatori sani'. "In alcuni casi - spiega Antonio Craxì, professore di gastroenterologia e direttore dell'unità operativa di Gastroenterologia dell'università di Palermo - il virus può essere dormiente, ma ha ancora 'il motore acceso', che può riattivarsi in alcuni momenti della vita. Anche in questi casi le terapie possono essere molto utili. Per questo è necessario individuare le persone che hanno avuto contratto il virus".
"L'idea dello studio Icerberg - aggiunge Rizzetto - nasce dalla necessità di far emergere e di acquisire maggiori conoscenze sul sommerso dell'epatite cronica B anche nel nostro Paese, contribuendo attraverso l'utilizzo di una metodica diagnostica non invasiva, l'elastografia epatica, a individuare i portatori asintomatici di HBsAg con una malattia del fegato latente e che pertanto necessitano di un'adeguata terapia". Lo studio si propone di valutare la prevalenza e l'incidenza di malattie epatiche in una popolazione di circa 950 portatori asintomatici di HBsAg, non sottoposti a terapia, che saranno osservati con un follow-up fino a 5 anni.
 

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