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Tra bioetica e neonati

Pediatria Redazione DottNet | 30/10/2008 20:44

A giudicare dalla premesse, condite anche da interrogazioni parlamentari del Pdl e forfait dell'ultimo minuto, avrebbe dovuto essere un convegno infuocato, dato che i temi di cui discutere erano 'eticamente sensibili': i problemi della neonatologia, l'assistenza ai grandi prematuri, e soprattutto la presenza di Eduard Verhagen, il medico olandese ideatore del protocollo di Groningen che tratta anche dell' eutanasia nei piccoli.

 In realtà il convegno non ha avuto grossi colpi di scena. L'incontro è stato organizzato a Firenze, all'ospedale pediatrico Meyer, dalla Consulta di bioetica, dal Centro studi Politeia, dall'ordine dei medici di Firenze e dal dipartimento di pediatria dell'Università. La discussione partiva dalla Carta di Firenze, documento elaborato nel capoluogo toscano nel 2006 che decretava quella sorta di 'zona grigia' per i bimbi nati tra la 22/a e la 25/a settimana per i quali, pur nella specificità dei casi singoli, sarebbero più appropriate, in accordo tra medici e genitori, cure compassionevoli che non assistenza aggressiva configurabile come accanimento terapeutico. ''Il problema - ha detto il neonatologo Giampaolo Donzelli, uno dei promotori della Carta - non è se assistere o non assistere un bambino in quelle condizioni, ma come assisterlo, come non aggredirlo e come non comportare dolore a lui e creare false aspettative nella famiglia''.

''Ma trovo scandaloso - ha aggiunto - che ancora oggi, in questo campo, ci siano così tante disparità tra nord e sud: in Calabria un bambino ha il triplo di possibilità di morire nel primo mese rispetto a quelle che ha un bambino a Firenze''. ''Oltre l'80% dei bambini nati in quelle settimane - ha detto il professor Gianfranco Vazzoler, della Consulta di bioetica di Pordenone - è destinato, se sopravvive, a vivere con gravissimi handicap permanenti. Ma dobbiamo capire che un neonato non è una persona perchè non ne ha le caratteristiche, non sa autogestirsi, non ha un minimo di senso morale e razionalità.

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Non vedo niente di sbagliato nel riservare ai grandi prematuri solo le cure compassionevoli, anche perchè, iniziato un trattamento di assistenza, è molto difficile tornare indietro. E parlare di eutanasia in determinati casi, come in Olanda, può essere ragionevole''. Ma il confine lungo il quale decidere se intervenire o meno è molto labile. ''Un errore di calcolo delle settimane è sempre possibile - ha spiegato Giuseppe Buonocore dell'Università di Siena - e per questo occorre decidere caso per caso, non si può valutare a priori cosa fare. Noi siamo per la vita, ma è importante conoscere anche le tesi dell'Olanda''. E proprio il medico olandese è stato 'star', suo malgrado (''mi dispiace per tutte queste attenzioni sulla mia persona'' ha detto), della prima giornata dei lavori. Ma di eutanasia non ha parlato, se non sollecitato dai giornalisti a margine del suo intervento, che si è incentrato nel mostrare alcuni studi internazionali ed europei sul tema. ''Voglio portare un'altra prospettiva'' - ha detto infatti in premessa del suo intervento, parlando poi di prematuri che non hanno alcuna possibilità di sopravvivenza, ed altri giudicati più vitali per i quali si pone il problema di se e come iniziare le cure e di interromperle, sottolineando soprattutto il ''ruolo attivo dei genitori'' e l'importanza di ''comparare gli studi e le conoscenze''.

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