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I medici di base pugliesi bloccheranno l’invio delle ricette elettroniche: i pazienti lamentano il calo dei livelli di assistenza. Smi: la guardia medica non si tocca

Medicina Generale Redazione DottNet | 18/02/2013 19:12

E’ la prima  vera “rivolta” contro le ricette telematiche. A scendere in campo sono per primi i medici di famiglia pugliesi per una protesta - che aveva avuto un piccolo prologo nel Manotvano - che potrebbe avere ripercussioni anche in altre regioni dove la criticità del sistema è ancora irrisolta.  “Niente più invio delle ricette elettroniche”: è questa, dunque, la forma di protesta che si apprestano ad attuare i medici di base pugliesi della Fimmg (Federazione italiana medici medicina generale) Puglia, che spegneranno il collegamento telematico con la Regione, sospendendo la trasmissione elettronica delle ricette.

 Il segretario regionale, Filippo Anelli, ha inviato la comunicazione formale nei giorni scorsi ai prefetti delle province pugliesi, al presidente della Regione, Nichi Vendola, all'assessore alla Sanità, Ettore Attolini e ai direttori generali delle asl. Alla base della protesta, spiega Fimmg Puglia in una nota, c'e' la ''mancata attivazione dei servizi territoriali, indispensabili all'indomani della chiusura degli ospedali. I cittadini sempre più lamentano difficoltà a ottenere le prestazioni nei tempi e nei modi dovuti. Tutto ciò ha causato un abbassamento dei livelli essenziali di assistenza, delle cure territoriali e domiciliari''. Nonostante le ripetute sollecitazioni al Governo regionale, lamenta Fimmg Puglia, ''nessuna risposta sinora e' stata fornita alle nostre richieste e proposte di sviluppo di un potenziamento dell'assistenza territoriale e della medicina generale. Inoltre - continua - la Regione ha unilateralmente e autonomamente adottato modelli di gestione delle patologie croniche, senza coinvolgere gli operatori, ma con un notevole impegno di risorse economiche e senza corrispondenti risultati assistenziali''. A tutto questo si aggiunge, prosegue, ''il sovraccarico burocratico, che sottrae tempo all'attività del medico. Mancano collaboratori di studio e infermieri senza cui non e' possibile avviare i nuovi servizi territoriali''. Se il Governo regionale dovesse continuare ''nell'atteggiamento di mancato confronto - conclude - Fimmg Puglia e' pronta ad una grande manifestazione e l'eventuale astensione dall'attività lavorativa''.

Guardia medica. Da Bari nel corso di un convegno, tenutosi nei giorni scorsi e organizzato dal Sindacato dei Medici Italiani-Smi (presenti l'assessore al welfare del Comune, Ludovico Abbaticcho, il Direttore Generale dell’Asl locale, Angelo Colasanto, il componente del coordinamento della SISAC, Vincenzo Pomo), la responsabile nazionale continuità assistenziale dello Smi, Pina Onotri e la segretaria regionale, Anna Lampugnani hanno attaccato chi nei mesi scorsi ha parlato di scarsi risultati per quanto riguarda la guardia medica in Puglia e colto l’occasione per ribadire la netta contrarietà ai progetti di rottamazione del servizio avanzati da altre regioni, in prima linea la Toscana: «A chi dice che la guardia medica non è necessaria, rispondiamo con i fatti e con il duro lavoro - spiegano le due dirigenti dello Smi - i dati solo su Bari ci confermano che gli interventi (chiamate telefoniche, visite domiciliari e non) in un anno solo sono stati oltre 135mila.

Un interfaccia reale con il cittadino, nonostante le difficoltà in cui operano i medici del settore dal punto vista normativo:: mancanza di tutele su malattia, ferie, maternità e lavori notturni e usuranti. E anacronistiche incompatibilità con altre attività; e strutturale: sedi spesso fatiscenti, senza copertura telematica, mancanza di sicurezza. La situazione è così complicata che in questi anni in Italia il numero degli addetti è sceso da 15mila a 11mila». «Non ha senso che si continuino ad alimentare polemiche pretestuose, che poi vengono smentite dai fatti –conclude Onotri - e di seguire modelli fuorvianti come quello toscano che vanno nella direzione dell’h16, delegando dalla mezzanotte il servizio al 118, che dovrebbe esclusivamente preoccuparsi delle urgenze-emergenze. Bisogna cambiare completamente prospettiva. Da questo riuscitissimo convegno a Bari emerge una seria proposta: la continuità assistenziale è un servizio da potenziare, non da ridimensionare. Si valorizzino i professionisti che vi operano, si rinnovino (anche tecnologicamente) e si mettano in sicurezza le strutture. Questo è uno dei cardini della futura riorganizzazione delle cure primarie».

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Fonte: Fimmg

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