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Ogni anno in Italia 4500 bambini prematuri: il ruolo delle terapie neonatali

Pediatria Redazione DottNet | 28/02/2013 16:20

In Italia nascono ogni anno 4.500 bambini prematuri con un peso inferiore a 1,5 kg. A questi bimbi e alle loro delicatissime condizioni pensano le Terapie Intensive Neonatali (TIN), che sono appena 'sbarcate' in America per presentare alcuni progetti innovativi nell'ambito del Vermont Oxford Network. In Italia esiste il Network Neonatale Italiano, che raggruppa 90 terapie intensive dei maggiori centri ospedalieri del territorio. La sede operativa del Network è all'ospedale Manzoni di Lecco, dove è coordinata dallo specialista Roberto Bellù.

Proprio Bellù è stato ospite all'incontro americano, dove si sono radunate oltre mille strutture TIN mondiali, per illustrare due progetti italiani. Il primo consiste nella raccolta di dati clinici relativi ai neonati prematuri, in fase prenatale e perinatale (cioé prima e durante la nascita): "La ricerca e le sue modalità di realizzazione - spiegano i suoi promotori - potrebbero essere estese anche in altre aree geografiche del mondo". Il secondo progetto riguarda invece gli esiti della terapia neonatale a due anni di vita del bambino: l'obiettivo sarà quello di monitorare a distanza la qualità dell’assistenza neonatale prestata. "Il network italiano - spiega Roberto Bellù - sta contribuendo non poco alla crescita qualitativa della neonatologia del nostro Paese.

La missione è contribuire al miglioramento della qualità della sicurezza delle cure destinate ai neonati e alle famiglie attraverso programmi coordinati di ricerca, formazione e progetti innovativi". Da circa 10 anni il Network Neonatale Italiano invia i propri risultati clinico-assistenziali inerenti i neonati di peso molto basso al database del Vermont Oxford Network. "Questo consente ai medici - conclude Rinaldo Zanini, direttore del Dipartimento Materno Infantile del Manzoni - di valutare la propria capacità di assistere il neonato con problemi gravi e complessi comparando la propria attività con quanto avviene nel resto del mondo. Così possiamo evidenziare i punti in cui siamo meno bravi e migliorare la nostra esperienza assistenziale".

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Fonte: bellù

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