Canali Minisiti ECM

Sicurezza di acidi grassi omega-3 in pazienti psichiatrici

Nutrizione Redazione DottNet | 06/11/2008 11:33

Sta notevolmente aumentando l’uso di acidi grassi omega-3, in particolare dell’acido eicosapentenoico (EPA), in pazienti psichiatrici. Vari studi sono stati effettuati relativamente alla loro efficacia, mentre poco si conosce riguardo la loro sicurezza e tollerabilità nella popolazione psichiatrica. Presso il Dipartimento di Psichiatria della University of Stellenbosch Faculty of Health Sciences, a Tygerberg, in South Africa, è stato effettuato un trial controllato, randomizzato, per valutare gli effetti di un trattamento con EPA sulla massa corporea, il metabolismo del glucosio, i profili lipidici, la secrezione di prolattina, il tempo di sangiunamento, le funzioni ematologiche ed epatiche.

84 soggetti con schizofrenia sono stati trattati con EPA 2g/die o con placebo per 12 settimane, in aggiunta alla loro terapia antipsicotica. 47 pazienti sono stati coinvolti nel trial in una fase di estensione del trattamento con EPA 2g/die, alla 40esima settimana. 74 pazienti sono stati inclusi nell’analisi. Un gruppo formato da 6 pazienti è stato trattato con EPA in maniera discontinua ed un gruppo di 14 pazienti è stato trattato con placebo. Gli eventi avversi riportati sono stati simili nei due gruppi. Mentre non è stata rilevata alcuna significativa differenza tra i gruppi, nella fase blindata dello studio il gruppo trattato con EPA ha mostrato un significativo aumento di indice di massa corporea (BMI) e tempo di sanguinamento.

pubblicità

Nella fase aperta dello studio è stato rilevato nuovamente un aumento di BMI. I livelli di colesterolo totale e HDL sono significativamente diminuiti. EPA 2g/die in generale è stato ben tollerato.
Per saperne di più

Commenti

I Correlati

La correlazione emerge per la prima volta da uno studio condotto presso l'Università della California, a Riverside, e pubblicato sul Journal of Clinical Investigation Insight

I ricercatori del Labanof dell’Università Statale di Milano hanno esaminato due scheletri di donne e dei loro feti, con deformità attribuibili all'osteomalacia, una patologia legata alla fragilità ossea e associata alla carenza di vitamina D

Lo rivela uno studio effettuato su 1771 studenti di 48 scuole elementari pubbliche di Madrid

La pratica potrebbe salvare 820.000 vite l'anno

Ti potrebbero interessare

La correlazione emerge per la prima volta da uno studio condotto presso l'Università della California, a Riverside, e pubblicato sul Journal of Clinical Investigation Insight

I ricercatori del Labanof dell’Università Statale di Milano hanno esaminato due scheletri di donne e dei loro feti, con deformità attribuibili all'osteomalacia, una patologia legata alla fragilità ossea e associata alla carenza di vitamina D

Lo rivela uno studio effettuato su 1771 studenti di 48 scuole elementari pubbliche di Madrid

La pratica potrebbe salvare 820.000 vite l'anno

Ultime News

Più letti