I cattivi stili di vita rischiano di far arretrare l'aspettativa di vita attualmente in aumento. Infatti uno studio svolto in Olanda mostra che la salute peggiora di generazione in generazione. La ricerca, su oltre 6000 individui, e' stata pubblicata sulla rivista European Journal of Preventive Cardiology da Gerben Hulsegge dell'istituto di sanita' pubblica olandese.
''Per gli italiani il peggioramento generazionale risulta particolarmente vero - afferma Walter Ricciardi, direttore dell'Istituto di Igiene dell'Universita' Cattolica di Roma; nei prossimi 10 anni si rischia un'inversione di rotta per l'aspettativa di vita''. ''La medicina ha fatto grandi passi avanti in termini di sopravvivenza - sottolinea Stefano Del Prato, presidente della Societa' Italiana di Diabetologia; stupisce ancora di piu', quindi, che quello che abbiamo guadagnato in capacita' di cura, lo perdiamo per colpa degli stili di vita''. Gli olandesi hanno analizzato i dati dello studio 'Doetinchem Cohort', iniziato nel 1987. I principali fattori di rischio tenuti sotto controllo sono peso corporeo, pressione del sangue, livelli di colesterolo totale e colesterolo buono. Il campione e' stato stratificato in base a sesso e generazione di appartenenza creando gruppi di eta' (20-29, 30-39, 40-49, 50-59 anni). Ogni visita di follow-up aveva lo scopo di misurare il profilo di rischio di ciascuna generazione: si andava a vedere se gli individui di un certo gruppo di eta' avevano un differente profilo di rischio rispetto a quelli dello stesso gruppo di eta' ma della generazione precedente (nati 10 anni prima). E' emerso che la salute peggiora di generazione in generazione: i 30enni di oggi sono piu' in sovrappeso, hanno maggiori problemi di ipertensione e colesterolo alto dei 30enni di dieci anni prima e cosi' via per i 30enni delle generazioni ancora precedenti. Ad esempio che il 52% dei 30enni della generazione piu' recente e' in sovrappeso e obeso contro il 40% dei 30 anni della generazione precedente (di dieci anni prima). ''Da noi questo quadro e' particolarmente vero - afferma Ricciardi; i bambini italiani sono quelli con maggiori problemi di sovrappeso in Europa''; nelle generazioni precedenti i bambini erano generalmente magri. Il peggioramento del profilo di rischio metabolico di generazione in generazione, spiega Del Prato, e' dovuto soprattutto all'alimentazione troppo calorica e alla sedentarieta'. Per esempio un panino di oggi vale in calorie molto piu' di un panino di 20 anni fa di pari peso. Viceversa oggi bruciamo meno calorie perche' ci muoviamo meno.
La cura per il diabete e' a portata di mano, ma servono investimenti e semplificazioni per poter sfruttare le nuove tecnologie. Lo ha affermato Camillo Ricordi, Direttore del Diabetes Research Institute dell'Universita' di Miami, durante una conferenza all'Ismett di Palermo. Il diabete, ha sottolineato Ricordi, e' responsabile del 10-15% della spesa sanitaria, e mentre per quello di tipo 1 bisogna intensificare la ricerca per una cura, nel diabete di tipo 2 e' importante programmare interventi per la prevenzione: ''Investimenti in prevenzione generano risparmi tre volte superiori ai costi - ha ricordato l'esperto durante l'evento organizzato dalla Fondazione Sigma Tau - le terapie avanzate offrono l'opportunita' di sviluppare terapie efficaci''. Se sul primo fronte l'adozione recente del piano sul diabete da parte del Ministero e' 'incoraggiante', sul piano della ricerca occorrono molti piu' sforzi: ''I trapianti di cellule produttrici di insulina per il trattamento delle forme piu' gravi di diabete sono ormai arrivati alla soglia della registrazione negli USA e sono gia' stati approvati in Canada, Inghilterra e Svizzera, e ci sono diversi centri italiani impegnati in questa direzione - ha spiegato Ricordi, che e' anche presidente di Ismett -. Tuttavia, a fronte di grandi opportunita' innovative nel campo delle terapie avanzate e della medicina rigenerativa, esistono oggi gravi impedimenti allo sviluppo di nuove cure, imposti da una sempre crescente complessita' regolamentare e dai costi e tempi di sviluppo ad essa associati, che sono sempre piu' insostenibili non solo da realta' accademiche, ma anche da parte di piccole e medie industrie farmaceutiche e biotecnologiche''.
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Fonte: European Journal of Preventive Cardiology, Ismett
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