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Cassazione, il medico deve essere presente anche se lo ritiene inutile

Professione Redazione DottNet | 15/01/2014 18:52

Il medico è obbligato a intervenire in ospedale anche se ritiene inutile l'intervento. Secondo la Cassazione con la sentenza 12376/13 l’urgenza e il relativo obbligo di recarsi subito in ospedale a prestare la propria opera si configurano in termini formali e pertanto il sanitario interpellato non può sindacare a distanza la necessità e l’urgenza della chiamata, affermando che, a suo giudizio, non sussisterebbero i presupposti dell’emergenza.

 

 Gli ermellini hanno così confermato la condanna per rifiuto di atti d’ufficio (art. 328 c.p.) in quanto, in qualità di primo reperibile, non si era recato in ospedale a prestare la propria opera nonostante fosse stato sollecitato telefonicamente più volte. Immediato il ricorso da parte del medico imputato alla Suprema corte. Secondo i giudici, però, l’operato dei colleghi del merito è esente da censure e il ricorso proposto è da ritenere inammissibile. In particolare, non può trovare accoglimento l’assunto difensivo secondo il quale l’omesso intervento del medico avrebbe costituito una precisa scelta clinica, dovuta all’inutilità di procedere su un paziente che comunque non si sarebbe salvato: pur considerando le cattive condizioni nelle quali il minore era giunto al pronto soccorso e la conclusione della consulenza – la quale afferma che nessun provvedimento terapeutico poteva avere, nel caso di specie, la minima possibilità di successo – non si può giustificare l’omesso intervento in sala operatoria, peraltro deciso e giudicato indilazionabile dagli altri medici presenti.

In particolare, consolidata giurisprudenza ha affermato che il servizio di pronta disponibilità del medico ex D.P.R. n. 348/1983, presuppone la concreta e permanente reperibilità del sanitario e il suo immediato intervento entro i tempi tecnici concordati e prefissati: egli ha l’obbligo di assicurare l’intervento nel luogo di cura e non può sottrarsi alla chiamata affermando che, a suo giudizio, non sussisterebbero i presupposti dell’emergenza. Il medico, insomma, non può sindacare a distanza la necessità e l’urgenza della chiamata, ma si deve recare immediatamente a visitare l’ammalato: la violazione di questo obbligo è penalmente rilevante ai sensi dell’art. 328 c.p.: tale norma, infatti, è volta ad assicurare il regolare funzionamento della P.A., imponendo ai pubblici funzionari di assolvere scrupolosamente e con tempestività i doveri inerenti alla loro attività: nel caso di specie, quindi, la relativa responsabilità si configura indipendentemente dalla necessità e urgenza dell’intervento chirurgico. 

Un decreto sulla responsabilità: Affrontare a tutto tondo il tema della sicurezza delle cure, al fine di garantire il cittadino per eventuali risarcimenti e tutelare il professionista che effettua la prestazione. Questo lo scopo del disegno di Legge in materia di responsabilità in ambito sanitario, depositato in Senato e presentato oggi dai senatori Pd della Commissione Sanità. Quello dell'alto tasso di contenzioso è "un problema drammatico" e richiede "un intervento normativo necessario e urgente", ha spiegato il senatore Amedeo Bianco. "Il grosso problema - ha aggiunto - si pone per quelle categorie professionali per cui il rischio è molto elevato, come i ginecologi che assistono i parti, costretti a pagare polizze fino a 28.000 euro annui, una cifra ingestibile, tanto più per giovani professionisti". Secondo i dati Ania 2013, infatti, le denunce contro medici e strutture, nel 2011 sono state 31.400, in crescita del 200% rispetto al 1994. La stragrande maggioranza si chiude senza seguito, ma altissimo è il guadagno delle assicurazioni: è di un miliardo la stima dei premi incassati nel 2011, il 5,5% in più rispetto al 2010. L'80% degli eventi sanitari avversi derivano da problemi organizzativo-gestionali, ovvero sono "errori di sistema", spiega la relazione introduttiva del testo, sottoscritto anche dal Presidente della commissione Sanità Emilia Grazia De Biasi e dalle senatrici Dirindin, Granaiola, Maturani, Mattesini, Padua e Silvestro. Ma a pagare oggi è sempre il singolo, "che entra in sala operatoria come grande chirurgo e rischia di uscirne con un'imputazione di omicidio colposo", spiega Bianco. Pertanto, secondo la proposta del Pd, l'attenzione non deve esser "concentrata sulla caccia al colpevole" ma sul "miglioramento della sicurezza". L'art. 2 prevede, infatti, l'introduzione di unità di prevenzione e gestione del rischio clinico e osservatori per la valutazione dei contenziosi. Il 4 e il 5 prevedono una ridefinizione dei comportamenti colposi di rilievo penale e la possibilità di richiedere risarcimento non oltre i due anni dalla conoscenza del fatto. La responsabilità civile per danni avvenuti in strutture sanitarie devono essere, in base all'art. 6, a carico della struttura stessa ma ciascun medico o operatore deve dotarsi di una polizza per l'eventuale azione di rivalsa in caso di colpa grave. L'obbligo di copertura assicurativa dovrebbe, infine, riguardare tutte le strutture, anche private, costituendo prerequisito per l'accreditamento.

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Fonte: diritto e giustizia

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