Scienziati italiani hanno scoperto il meccanismo che rende più aggressivo il cancro della prostata, trasformandolo in un nemico difficile da battere con le armi disponibili. Sarà possibile così sconfiggere anche i tumori più cattivi. La ricerca, pubblicata su 'Nature Medicine', è il frutto di un lavoro coordinato dall'Istituto superiore di Sanità, in collaborazione con l'equipe di Urologia dell'ospedale San Giovanni Bosco di Torino e con l'Istituto oncologico del Mediterraneo di Catania, con i fondi dell'accordo Italia-Usa e dell'Associazione italiana per la ricerca sul cancro (Airc). La scoperta rappresenta un passo avanti importante per sconfiggere la malattia, che registra circa 44 mila nuovi casi l'anno in Italia ed è destinata ad aumentare di pari passo con l'allungamento della vita media. "Capire perchè un tumore diventa più aggressivo ci porta molto vicini a guarire gli stadi avanzati del cancro alla prostata", sottolinea Enrico Garaci, presidente dell'Iss. "L'analisi del tessuto neoplastico di 40 pazienti - spiega - ha dimostrato che l'aggressività del carcinoma prostatico è causata dalla perdita di un frammento di Dna del cromosoma 13 che contiene due piccoli geni, chiamati microRna-15a e microRna-16, in grado di bloccare la progressione maligna del tumore".
"Abbiamo scoperto - spiega Ruggero De Maria, direttore del Dipartimento di ematologia, oncologia e medicina molecolare dell'Iss, che ha guidato la ricerca - che se i microRna-15a e microRna-16 vengono reintrodotti nelle cellule tumorali che li hanno perduti, queste cellule smettono di crescere e vengono distrutte". Non solo. "La possibilita' di curare i tumori aggressivi della prostata somministrando questi microRna - afferma - è stata confermata dalla terapia sperimentale effettuata in animali da laboratorio.
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