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Recuperata per la prima volta la memoria nei malati di Alzheimer

Neurologia Redazione DottNet | 02/10/2014 19:20

Per la prima volta la perdita di memoria di 9 persone su 10 con Alzheimer è stata recuperata. Ci sono riusciti i neurologi dell'università della California, a Los Angeles, con un esperimento pubblicato su 'Aging Journal'.

 

Nel campione c'era chi aveva amnesie da 2 anni, non ricordava i nomi dei suoi gatti, chi perdeva l'orientamento alla guida dell'auto. Chi non aveva riconosciuto la famiglia giunta in ufficio e sollecitava la segretaria a fare sempre le stesse cose. Chi dimenticava le password del portatile e si inceppava a metà dei discorsi, perdendo il filo. E così via. I pazienti hanno seguito per 6 mesi un programma mirato a cambiare lo stile di vita: pochi carboidrati, molta frutta e verdura, pesce non allevato, pasti regolari, attività fisica per 30 minuti, 4 o 6 volte a settimana. Yoga e meditazione antistress, melatonina per dormire 7-8 ore a notte, vitamine e olio di pesce. Igiene orale rigorosa e terapie farmacologiche diverse per ognuno.

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"Il nostro è il primo studio che dimostra che la perdita di memoria si può recuperare. I dati sono più che preliminari ma incoraggianti - rileva Dale Bredesen, autore della ricerca - 9 persone hanno ripreso le loro attività, il decimo paziente aveva una demenza già avanzata e non è migliorato". Sottolinea Patrizia Mecocci, ordinario di gerontologia e geriatria all'università di Perugia, del consiglio direttivo Società italiana gerontologia e geriatria (Sigg): "l'esperimento è interessante, seppure fatto su pochi casi, perché fa emergere che la demenza dipende da molti fattori Si può fare molto per prevenirla. Dai 50 anni in poi tutti dovrebbero puntare a eliminare lo stress, fare attività fisica, assumere grassi polinsaturi, antiossidanti, migliorare il sonno".

 

"Lo studio è molto preliminare, più che una ricerca è una osservazione, ma va verso la strada giusta della medicina personalizzata - commenta Rosanna Squitti, laboratorio di neurobiologia del dipartimento di neuroscienze del Fatebenefratelli di Roma -. Suggerisce che l'approccio multidimensionale alla malattia fa la differenza. La patologia è complessa, ci sono fattori genetici e ambientali che contribuiscono alla sua insorgenza. Operare sullo stile di vita è la strada giusta, lo confermano anche altri recenti studi, più corposi".

 

 

Fonte: ansa

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