La prevenzione del carcinoma del collo dell'utero: cosa è cambiato dal 1950 ad oggi.
Il test di Papanicolau, l’esame per la prevenzione e diagnosi precoce dei tumori ginecologici più diffuso al mondo, deve il suo successo alla semplicità di esecuzione e all’elevata affidabilità del risultato, oltre che al suo basso costo che ha consentito di organizzare screening di popolazione con libero accesso o su chiamata. La funzione principale è individuare donne a rischio di sviluppare il tumore del collo uterino tramite la diagnosi delle displasie, alterazioni delle cellule del collo dell’utero che, se non adeguatamente trattate, possono evolvere in carcinoma.
Il biologo statunitense George Nicholas Papanicolau, che negli anni ’50 mise a punto la metodica non vinse il Nobel ma il test che porta il suo nome ha salvato la vita a moltissime donne e continua a farlo ancora oggi. L’OMS ne raccomanda l’esecuzione almeno un anno dopo l’inizio dei rapporti sessuali e comunque non oltre il 25°anno di età.
Una cosa è certa: la donna che esegue regolarmente questo test non morirà di questo tumore.
La scoperta che il Papillomavirus (HPV) è l’agente eziologico del carcinoma della cervice uterina è di Harald zur Hausen. Il ricercatore, Nobel per la Medicina nel 2008, ha dimostrato che l’HPV può trovarsi sul collo uterino allo stato latente e che la sua presenza può essere riconosciuta tramite l’HPV-DNA test. I suoi studi hanno permesso di capire il modo con cui l’HPV scatena il tumore consentendo di mettere a punto due vaccini: CERVARIX per i ceppi 16/18 e GARDASIL per i ceppi 6/11/16/18. L’HPV è una grande famiglia di virus suddivisa in gruppi ad alto, medio e basso rischio di progressione in cancro. Il gruppo ad alto rischio comprende 15 ceppi.
La campagna di vaccinazione gratuita rivolta alle ragazze al compimento dell’undicesimo anno di età avviato già nel 2008 dal Ministero della Salute non ha ottenuto la copertuna aspettata. Questo per varie ragioni. In primis per molte mamme non è semplice accettare che le proprie bambine undicenni debbano fare una vaccinazione per una infezione che si contrae sessualmente. In molte realtà locali, inoltre, operano comitati anti-vaccinazioni che contribuiscono ad abbassare l’adesione a tutti i programmi vaccinali regionali.
Ma poiché l’HPV è un virus a prevalente trasmissione sessuale, fino a quando i programmi vaccinali non otterranno coperture prossime al 100% e non saranno estesi anche nel maschio non sarà possibile realizzare una adeguata Prevenzione Primaria. Analogamente a quanto osservato per altre infezioni, la circolazione del virus in tutti i soggetti non vaccinati, donne e soprattutto maschi ”portatori sani” comporta una persistenza del rischio di infezione per la popolazione sana.
La vaccinazione è comunque consigliata alle donne sessualmente attive fino ai 45 anni. Prima dei 18 anni è gratuita. Le donne over 45 e i maschi dai 9 ai 26 anni possono vaccinarsi pagando un ticket per ogni dose di vaccino che può essere acquistato in farmacia. Attualmente sono previste due dosi e per i maschi l’unico vaccino che si è dimostrato efficace è il quadrivalente. L’efficacia della vaccinazione in entrambi i sessi diminuisce con l’età. Gli interventi di prevenzione vaccinale rientrano nei LEA.
Il Pap-test è, e rimane, quindi, la metodica di Prevenzione Secondaria più efficace per questo tumore, che continua a registrare circa 3500 nuovi casi all’anno solo in Italia. Gli attuali programmi di screening offrono il Pap test gratuito ogni tre anni. La giovane donna che esegue visite ginecologiche annuali di prevenzione dovrebbe sottoporsi anche ad una colposcopia e vulvoscopia periodica, per individuare iniziali infezioni da HPV che nemmeno il Pap test stesso potrebbe fare, ad es. micropapille vulvari da HPV o condilomi piani delle pareti e dei fornici vaginali. Nella pratica quotidiana, invece, la colposcopia è usata come esame di secondo livello dopo Pap test dubbio/positivo, ma se è vero che il colposcopio è il terzo occhio del ginecologo è bene che questo esame entri nella pratica ginecologica quotidiana.
Sia Pap test, tradizionale o su strato sottile, che colposcopia con biopsia mirata diagnosticano le displasie o CIN, ma non sono in grado di distinguere le displasie cervicali stabili da quelle a basso o alto rischio di progressione verso il tumore. L’HPV DNA Test conferma la presenza del virus e lo tipizza ma non ci dice che un virus ad alto rischio presente oggi ci sarà anche domani. Ogni donna ha però il diritto di sapere se la sua displasia progredirà e quindi se è opportuno sottoporsi ai trattamenti chirurgici previsti soprattutto se è giovane e non ha ancora avuto gravidanze.
Il Pap-test individua displasie a basso (L-SIL) ed alto rischio (H-SIL) ma non è in grado di distinguere L-SIL in regressione (60% dei casi) da quelle stabili (30%) e da quelle in progressione verso H-SIL (9%) e cervico-carcinoma (1%).
“Ogni donna con L-SIL vorrebbe sapere con anticipo se la sua lesione progredirà”.
Il test in grado di identificare le displasie a rischio di evoluzione tumorale è l’ONCO FISH TEST cervicale.Indicato nei casi di ASCUS con HPV ad alto rischio, L-SIL e ASC-H e nel controllo delle pazienti gia’ trattate per CIN 2/CIN 3 e cancro cervicale. Risulta inoltre utile come approfondimento diagnostico in caso di colposcopia negativa con pap test anomalo e HPV DNA Test positivo per alto rischio e per il monitoraggio post- conizzazione.
Il FISH-TEST (Fluorescent In Situ Hybridization) consente di individuare una specifica anomalia cromosomica tipica delle cellule in evoluzione neoplastica (amplificazione della regione 3q26) che aumenta con il progredire della gravita’ della displasia. Questa anomalia è presente nel 22% dei casi di L-SIL, nel 50-80% dei casi di H-SIL e nel 100% dei casi di carcinoma.
I genotipi di HPV ad alto rischio se si integrano nelle cellule cervicali possono causarne la trasformazione neoplastica attraverso due diversi meccanismi.
Il primo consiste in una complessa cascata di eventi dove oncogeni ed oncosoppressori (p53, p21, p16 etc.) portano al risultato finale di immortalizzare la cellula che, conseguentemente, acquisisce un vantaggio selettivo sulle cellule normali, replicandosi in maniera incontrollata. Questo processo non solo evolve lentamente ma può facilmente abortire, rendendo ragione della frequente regressione spontanea delle lesioni. Esiste però un secondo meccanismo per raggiungere l’immortalizzazione cellulare. Consiste nell’amplificazione del gene della telomerasi, situato nel locus 26 del braccio lungo del cromosoma 3 (3q26).
La telomerasi ha il compito di riparare le estremità dei cromosomi (telomeri) che normalmente, con l’invecchiamento cellulare, tendono ad accorciarsi. L’amplificazione di 3q26, cioè la presenza di un numero maggiore delle due copie normalmente presenti nel nucleo, consente una iperproduzione di telomerasi che, a sua volta, porta alla immortalizzazione della cellula infettata e ad una più probablile progressione delle lesioni verso il carcinoma. Questo secondo meccanismo, per la sua semplicità, è molto più diretto del primo, fallisce meno facilmente e giustifica la velocità di progressione delle lesioni (anche meno di un anno) che talvolta si osserva clinicamente.
Mediante la tecnica FISH (Fluorescence In Site Hybridization) è possibile contare le copie del gene 3q26 nelle cellule cervicali prelevate dal collo uterino. La tecnica FISH, per garantire risultati accurati, deve essere applicata su un numero molto elevato di cellule sospette. Nell’analisi dei risultati, è bene considerare solo le amplificazioni significative, cioè con un numero di copie di 3q26 pari o superiore a 5 (infatti le trisomie sono reperti para-fisiologici e le quadrisomie potrebbero essere dovute alla fase di replicazione cellulare).
La FISH delle cellule cervicali insieme all’analisi automatica dei risultati raggiunge il 100% di sensibilità. Tramite l’analizzatore automatico Ikoniscope del Centro Diagnostico di Milano (CDI) vengono esaminate fino a 200.000 cellule. L’identificazione di una amplificazione di 3q26 in una cellula rappresenta una vera e propria prova della possibile e probabile progressione della lesione, a differenza della ricerca della p16 nel prelievo cervicale che fornisce sì un dato di positività ma non di evoluzione.
La FISH quantitativa delle cellule cervicali eseguita con Ikoniscope consente quindi di individuare le infezioni cervicali da HPV ad alto rischio a potenziale evolutivo verso il carcinoma in situ ed invasivo. Il criterio di positività è la presenza di almeno 2 cellule con almeno 5 copie di 3q26. Nel caso di FISH negativa la probabilita’ di regressione spontanea della L-SIL è compresa tra il 97 ed il 100%
Il prelievo, in fase liquida, viene effettuato dal ginecologo in ambulatorio utilizzando il kit apposito ed inviato al CDI di Milano anche in convenzione con il SSN. Allo stato attuale è in assoluto iltest altamente predittivo per ridurre i trattamenti chirurgici ai casi strettamente necessari nei casi dubbi.
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