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Assegni di mantenimento ai figli: definitivamente esclusa la deducibilità fiscale

Medicina Generale Redazione DottNet | 10/12/2008 12:04

Non tutti sanno che, in presenza di separazione o divorzio, gli assegni corrisposti dall’ex coniuge possono avere diverse qualificazioni giuridiche e fiscali.
Infatti, al momento della separazione, nel caso in cui uno dei due coniugi non abbia adeguati redditi propri e la separazione non gli sia addebitabile per colpa, il giudice può stabilire che l’altro coniuge corrisponda un assegno di mantenimento (previsto dall’art. 156. 1° comma del codice civile). Com’è noto, questo assegno – compatibilmente con la situazione economica del coniuge obbligato - ha lo scopo di garantire a chi lo riceve (ex coniuge e figli) il medesimo tenore di vita avuto durante il matrimonio.
 

Diverso è invece il caso dell’assegno alimentare (i cosiddetti “alimenti”): qui il presupposto è dato da uno stato di insufficienza dei mezzi di sostentamento. L’art. 438 del codice civile stabilisce che gli alimenti debbono essere assegnati in proporzione del bisogno di chi li domanda e delle condizioni economiche di chi deve somministrarli.
Dopo il divorzio, la presenza di un assegno di mantenimento o, meglio ancora, alimentare costituisce per l’ex coniuge il presupposto per vantare un diritto alla pensione indiretta o di reversibilità in assenza di un nuovo matrimonio, o di una quota di pensione anche in presenza di un secondo vincolo coniugale. In questo caso sarà il giudice a stabilire le rispettive percentuali fra vedova e divorziata, in funzione della durata dei due matrimoni e della condizione economica delle parti.


Sotto il profilo fiscale, tutti gli assegni periodici percepiti dal coniuge, ad esclusione di quelli destinati al mantenimento dei figli, in conseguenza di separazione legale, divorzio o annullamento del matrimonio costituiscono imponibile ai fini fiscali per chi li percepisce. Specularmente, anche sul versante di chi paga determinati importi in favore dei figli, il legislatore ha voluto disciplinare in maniera diversa i due istituti: solo gli assegni alimentari sono infatti ricompresi fra gli oneri deducibili, mentre gli assegni di mantenimento non danno luogo ad alcun beneficio e non possono quindi essere dedotti dal reddito complessivo.

Proprio su questa differenza si è incentrato il ricorso alla Corte Costituzionale della Commissione Tributaria Provinciale di Novara, che riteneva potesse configurarsi una ingiusta discriminazione fra contribuenti che corrispondono prestazioni di natura simile.
Ma la Consulta non è stata di questo avviso. Con la sentenza n. 373 del 16 novembre 2008 ha dichiarato non fondata la questione di legittimità, lasciando invariata la situazione. Secondo i giudici costituzionali, la differenza fra le due posizioni è riconducibile all’assistenza familiare, che si rinviene soltanto nell’assegno alimentare.
Nella sentenza, fra l’altro, si legge che “la scelta del legislatore di differenziare, nell’ambito degli assegni determinati iussu iudicis a favore dei figli, il regime fiscale dell’assegno di mantenimento da quello dell’assegno di alimenti legali non è arbitraria. Ed è vero che nel caso di assegno di mantenimento per i figli, la funzione propriamente alimentare del medesimo assegno è assolta dal minore importo, in esso ricompreso, corrispondente all’ammontare di un ipotetico assegno di alimenti legali”, ma è anche vero che questo ipotetico assegno resta comunque indistinguibile dal più ampio ammontare fissato per il mantenimento.

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