La fibrillazione atriale (FA) rappresenta la più comune delle aritmie cardiache sopraventricolari nei paesi occidentali, con una frequenza che aumenta con l'età
La fibrillazione atriale (FA) rappresenta la più comune delle aritmie cardiache sopraventricolari nei paesi occidentali, con una frequenza che aumenta con l'età.
La prevalenza è inferiore allo 0,5% fra i 25 e 35 anni, mentre è compresa fra 5-8% nei soggetti con più di 69 anni. Si tratta di onde elettriche rientranti originate da focolai, sulla superficie del miocardio, si estendono poi all’atrio sinistro fino alla porzione prossimale della vena polmonare (5-6 cm).
Il tessuto atriale sostiene queste onde e favorisce i fenomeni di rientro e facilita la persistenza dell’aritmia. Poi ha inizio il rimodellamento atriale-elettrico, cui fa seguito una modificazione strutturale (fibrosi, dilatazione, ipertrofia). Queste contrazioni del miocardio sono inefficaci dal punto di vista emodinamico e si perde il contributo della sistole atriale.
In assenza di altre cardiopatie ciò non incide in maniera rilevante sulla funzione di pompa, poichè il contributo della contrazione atriale è intorno al 20-30% del volume tele-diastolico totale, però a lungo andare si può compromettere la funzione ventricolare sinistra e la tolleranza agli sforzi può esser ridotta. La FA si può associare anche a coronaropatia, ipertensione, stenosi mitralica o anche a ipertiroidismo, polmonite, BPCO, diabete mellito, insufficienza renale cronica, apnee notturne.
Anche senza causa apparente si constata in soggetti con meno di 60 anni. L’obesità è un importante fattore di rischio per l’FA. Associate alla FA le maggiori cause di morbi-mortalità sono l’ictus e il tromboembolismo.
Questa è la classificazione secondo la società Europea di Cardiologia.
1. FA di prima diagnosi, mai precedentemente nota.
2. FA persistente: episodi che durano oltre i 7 giorni che possono essere interrotti da cardioversione elettrica o farmacologica.
3. FA persistente: durata oltre 1 anno, sempre può esser interrotta farmacologicamente o in maniera elettrica.
4. Durata oltre 1 anno interrotta come al punto 3.
5. Permanente: accettata dal medico e dal paziente, non viene più tentato il ripristino del ritmo sinusale.
Le categorie di cui sopra non si escludono a vicenda. In ogni caso dopo la cardioversione, sia elettrica, che farmacologica o spontanea, il rischio aumenta per gli eventi trombo embolici, che di solito aumentano entro i primi tre giorni e quasi tutti entro i primi 10 giorni, è importante quindi la terapia anticoagulante.
Alcune settimane prima della cardioversione e da continuare dopo ulteriori settimane. Il monitoraggio(ECG) mostra che i pazienti possono alternare periodi sintomatici e periodi in cui sono invece del tutto asintomatici. La sensazione di palpitazioni può scomparire, soprattutto fra gli anziani e nei pazienti in cui l’aritmia diventa permanente.
La diagnosi di FA viene fatta in base all’evidenza elettrocardiografica, con l’esame obiettivo si evidenzia polso irregolare, irregolari pulsazioni venose giugulari, variazioni d’intensità del 1° tono all’auscultazione, o assenza di un 4° tono precedentemente presente in ritmo sinusale.
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