Questa volta ci siamo: sta iniziando anche per la cardiologia l'era della medicina personalizzata. Con un test genetico si potrà infatti prevedere se una persona colpita da ictus o da un attacco di cuore risponderà bene o male a una delle più utilizzate terapie indispensabili per evitare che l'evento si ripeta, l'antiaggregante chiamato clopidogrel.
«È la prima possibile applicazione pratica nelle malattie cardiovascolari della farmacogenomica, la scienza che cerca i geni responsabili della diversa risposta individuale ai farmaci — ha dichiarato Eric Topol, del Scripps Translational Science Institute di La Jolla, in California, uno dei massimi esperti mondiali nel campo. In altri ambiti, soprattutto in oncologia, l'analisi genetica è già una pratica di routine per capire se in un individuo un farmaco può essere più efficace di un altro, per aiutare i medici a stabilirne le dosi ottimali per quella persona, per riconoscere in anticipo i malati che potrebbero subire effetti collaterali in seguito all'uso di un medicinale. Ma in cardiologia, fino a un paio di settimane fa, sembrava ancora difficile passare dalla teoria alla pratica. La scorsa estate, uno studio condotto a Oxford su 12mila pazienti ha messo in luce il legame tra una particolare variante genetica e il rischio di disturbi muscolari in chi prende le statine, i farmaci per abbassare il colesterolo. Il test per individuare questa predisposizione, però, deve ancora essere messo a punto.
Società scientifiche ed esperti concordano sulla necessità di agire sull’organizzazione e il monitoraggio – anche attraverso i LEA - e sulla comunicazione per un paziente più consapevole
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Il documento ha affrontato il tema dell’aderenza terapeutica nei suoi diversi aspetti, sia a livello mondiale che italiano
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