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Chi supplementare con ferro?

Pediatria Redazione DottNet | 06/12/2017 17:28

Nel primo semestre di vita il patrimonio marziale del lattante dipende esclusivamente da due risorse: il latte (materno o formula) e il ferro di riserva presente alla nascita.

Il ferro è un elemento necessario per numerose funzioni biologiche, l’ottimizzazione del suo bilancio risulta indispensabile non solo per le funzioni eritropoietiche, ma soprattutto per quelle non ematologiche (ciclo cellulare, immunocompetenza, sviluppo e funzioni cerebrali). In particolare, il ferro è un elemento indispensabile per lo sviluppo del sistema nervoso nel periodo post-natale, quando i neuroni completano il complesso network di connessioni: una carenza di questo elemento svolgerebbe quindi un ruolo cruciale nel “programmare” e condizionare lo sviluppo ottimale di organi e apparati. La vasta mole di evidenze scientifiche relative alla carenza di ferro, in termini di deplezione (Iron Deficiency - ID) o anemia (Iron Deficiency Anemia - IDA) spiega l’enorme interesse della comunità scientifica internazionale in merito all’eventuale adozione della supplementazione di ferro nelle varie epoche della vita.

Scoperta contemporaneamente da due gruppi di ricerca indipendenti, l’epcidina o LEAP1 (Liver-expressed-antimicrobial peptide) orchestra la regolazione marziale controllando il bilancio tra domanda e offerta. L’aumento dei livelli plasmatici di ferro over-esprime la sua sintesi a livello epatico. All’interno di macrofagi ed enterociti duodenali l’epcidina si lega a una proteina transmembrana (ferroportina 1) che interiorizza al fine di inibire il trasporto del ferro verso il circolo e garantire la conseguente riduzione dei livelli marziali plasmatici.La regolazione del ferro avverrebbe prevalentemente sul versante basolaterale della cellula intestinale, suggerendo che l’espressione di ferroportina è influenzata da stimoli sistemici e non luminali. Dal momento che il nostro organismo non può contare su meccanismi fisiologici per l’escrezione di ferro in eccesso, il suo uptake, trasporto e deposito devono essere attentamente regolati. La complessa cabina di regia coinvolge sofisticati modulatori proteici della sintesi di epcidina: il recettore 2 della transferrina (TfR2) deputato al recupero di ferro dal circolo, l’emogiuvelina (HJV) e una proteina codificata dal gene HFE complessata alla β-2 microglobulina.L’emocromatosi ereditaria, condizione patologica da sovraccarico, ha rappresentato il modello classico per lo studio della disregolazione dell’omeostasi del ferro. In questa malattia una eccessiva quantità di ferro viene assorbita a livello duodenale e il macrofago rilascia rapidamente il ferro recuperato analogamente a quanto accade nell’anemia sideropenica, nonostante l’eccesso di ferro. Nel corso di tali indagini furono individuati altri preziosi regolatori di questo traffico.I ricercatori furono colpiti dal fatto che diverse mutazioni a carico del TfR2, dell’emogiuvelina, del gene HFE e dell’epcidina comportavano uno stesso fenotipo di malattia, suggerendo un meccanismo di base comune: ridotta attività dell’epcidina e conseguente incapacità di bloccare efficacemente l’assorbimento di ferro. L’indagine arrivò a una svolta con l’individuazione di altri mediatori proteici che controllano l’espressione dell’epcidina (BMPs, Bone Morphogenetic Proteins). Difatti, l’aumento di ferro disponibile incrementa l’attività della BMP6 che, complessandosi con il suo co-recettore emogiuvelina, sovraregola l’espressione di epcidina, attraverso reazioni a catena (fosforilazione, trascrizione, traslocazione)…in altre parole, tanti maestri d’orchestra per un unico direttore!

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