L'aria avvelenata non toglie solo il respiro, ma fa anche male al cuore e fa schizzare in alto la
pressione. Si moltiplicano, infatti, a livello scientifico le prove che un particolare tipo di smog sia associato all'aumento degli infarti e delle morti cardiovascolari.
Il quadro emerge da un'analisi condotta da Robert Brook dell'University of Michigan e da alcuni colleghi americani dell'Università di Louisville, che in questi giorni hanno organizzato un simposio su questi temi all'interno della conferenza 'Experimental Biology' di New Orleans (Usa).
In particolare, riferiscono gli esperti, uno studio condotto in sei città degli Stati Uniti ha rivelato che le persone muoiono prima se vivono in località 'afflitte' dall'inquinamento. E che la maggioranza di questi decessi è dovuto a cardiopatie. Inoltre, uno studio mondiale in 250 aree metropolitane mostra che i picchi di smog sono correlati all'aumento dei decessi per attacco cardiaco.
Società scientifiche ed esperti concordano sulla necessità di agire sull’organizzazione e il monitoraggio – anche attraverso i LEA - e sulla comunicazione per un paziente più consapevole
Per colmare questo vuoto, è stato realizzato il Manifesto: “Rischio cardiovascolare residuo: analisi del contesto e delle opzioni terapeutiche, tra innovative strategie di prevenzione e sostenibilità di sistema”
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Il documento ha affrontato il tema dell’aderenza terapeutica nei suoi diversi aspetti, sia a livello mondiale che italiano
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