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Pubblicato lo studio POISE: fulmini e saette contro i betabloccanti nella fase perioperatoria

Cardiologia Redazione DottNet | 04/08/2008 12:23

Le attuali linee guida sul trattamento cardiologico dei pazienti da sottoporre ad interventi di chirurgia non cardiaca suggeriscono la somministrazione generalizzata di betabloccanti.

I dati che hanno portato a questa indicazione sono stati rivisitati criticamente dagli autori di questo lavoro multicentrico pubblicato su LANCET. Questi puntano il dito contro l'affermazione che i betabloccanti, nel periodo perioperatorio, hanno grande beneficio con poco rischio di effetti collaterali. Lo studio POISE è uno studio randomizzato in doppio cieco che ha incluso oltre 8000 pazienti in circa 190 centri ed in 23 paesi diversi. I pazienti inclusi erano sottoposti a vari tipi di interventi chirurgici avevano un rischio di cardiopatia ischemica ed aterosclerosi ma non erano portatori di nota cardiopatia ischemica e non erano in trattamento cronico con betabloccanti prima dell'intervento. I pazienti arruolati nel gruppo betabloccante venivano trattati prima dell'intervento con metoprololo a rilascio controllato.

L'end point primario dello studio era combinato a morte cardiovascolare, infarto miocardico non fatale, arresto cardiaco a 30 gg dall'intervento chirurgico. I risultati dello studio sono stati molto sorprendenti: i pazienti trattati con betabloccante avevano una riduzione significativa dell'end point primario (5,8%, 244 vs 6,9%, 290 p=0,03) con una riduzione degli infarti del miocardio significativa (4,9% vs 5,8% p=0,0017) ma al prezzo di un aumento significativo del numero di morti assolute nel gruppo trattato con metoprololo (3,1%, 129 vs 2,3%, 97) con un aumento del numero di pazienti con stroke (1%, 41 vs 0,5%, 19 p =0,005).
Lo studio POISE, dunque conferma la efficacia del betabloccante nè ridurre gli infarti perioperatori ma espone ad un rischio di shock ipotensivo causa della gran parte degli stroke. L'uso del betabloccante nei pazienti che già sono in trattamento non è in questione in questo trial si parla solo del trattamento preventivo perioperatorio. Nei commenti all'articolo si fa presente che il dosaggio del betabloccante utilizzato e l'inizio della somministrazione ravvicinato all'intervento potrebbero aver influito sul non riconoscimento tempestivo dei pazienti che hanno sviluppato ipotensione. Resta la sensazione che in cardiologia le certezze granitiche enfatizzate dai proclami delle linee guida spesso sono fondate su studi imprecisi ed incompleti. I lavori di Poldermans, che hanno portato alla stesura delle raccomandazioni delle linee guida sono stati duramente attaccati dagli autori dello studio POISE. Di fatto Poldermans avrebbe tratto delle conclusioni troppo affrettate ed incomplete basandosi su studi di pochi centri e non effettuati su scala multinazionale. Lo studio POISE ha incluso 8000 pazienti, sufficienti per evidenziare chiaramente un problema ma non abbastanza grande per cambiare le attuali linee guida. Nuovi studi randomizzati sono necessari per chiarire il corretto dosaggio e timing della somministrazione del betabloccante rispetto all'intervento.
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