Eparina, cortisone, antivirali, biologici vanno somministrati solo in ospedale
Nella prima ondata dell'epidemia Covid-19 l'azitromicina, è stato il farmaco più di frequente somministrato a casa ai bambini, ma recenti studi hanno sfatato l'utilità di questo antibiotico. Negli adolescenti è stata prescritta l'idrossiclorochina, un antimalarico che pure si è visto non avere grandi effetti. A fare il punto è Luisa Galli, segretario del gruppo di studio di farmacologia pediatrica della Società italiana di pediatria (Sip), sottolineando come, "a meno che si non si tratti di bambini con asma grave, cardiopatici o altre patologie di base, i genitori non devono dare nulla oltre il paracetamolo, ma devono mantenere uno stretto contatto con il pediatra".
"Qualche caso di polmonite grave in terapia intensiva c'è stato ma molto pochi rispetto agli adulti. I casi gravi hanno riguardato invece le sindromi infiammatorie sistemiche a genesi autoimmunitaria, a volte simili alla Kawasaki, altre volte simili allo shock settico e in tal caso colpiscono tutti gli organi inclusi reni e fegato". Sono molto rare e vengono diagnosticate anche post-Covid, "quando il bambino che arriva in ospedale è già negativo al tampone". In questi casi si agisce con cortisonici e antivirali, come il remdesivir, ma anche con inibitori delle citochine, come tocilizumab o anakinra". L'eparina è utilizzata più largamente nell'adulto per ridurre il rischio di complicanze tromboemboliche, mentre "nei piccoli ma non va data mai a casa e nel contesto ospedaliero solo in alcuni casi". Rispetto infine, ad integratori e vitamine, inclusa la lattoferrina di cui molto si è sentito parlare, conclude Galli, "sono in corso studi ma non ci sono ancora prove specifiche che mostrano un effettivo beneficio contro l'infezione da Sars-Cov-2".
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