Guerra e pandemia gravano sulla salute mentale della popolazione, ma nonostante ciò il PNRR decide di non investire in questo settore della sanità.
La salute mentale non rientra tra gli attuali investimenti del PNRR: È la denuncia che arriva dal Coordinamento Nazionale dei Direttori dei DSM italiani che ha riunito a Roma, per la V Conferenza Nazionale, l’80% dei Direttori dei 123 DSM sul territorio, in rappresentanza di 25.000 operatori tra psichiatri, neuropsichiatri infantili e dell’adolescenza, psicologi, infermieri, assistenti sociali, terapisti della riabilitazione psichiatrica, che hanno in carico quasi 1 milione di pazienti.
“La salute mentale degli italiani è stata letteralmente travolta da guerra e pandemia, che hanno moltiplicato esponenzialmente il disagio psichico, in un mix esplosivo tra ‘pericolo clinico’ e incertezza sociale, che ha portato a un aumento di patologie psichiatriche gravi (+30% negli adolescenti di disregolazione emotivo-affettiva, autolesionismo, violenza, uso di sostanze, depressione, e + 70% di disturbi del comportamento alimentare nei minori), delle persone bisognose di cure, come i migranti forzati, dell’abuso di sostanze, da cannabis a cocaina”- mettono in guardia Giuseppe Ducci, portavoce del Coordinamento nazionale dei Direttori dei DSM italiani, con Massimo di Giannantonio ed Enrico Zanalda, co-presidenti della Società Italiana di Psichiatria (SIP).
Eppure ad oggi, nonostante l’Italia con la rete dei DSM rappresenti un modello per la salute mentale di comunità a cui lo stesso PNRR si ispira senza dichiararlo, il Paese si attesta nelle ultime posizioni in Europa per percentuale della spesa sanitaria investita in questo ambito.
“L’invisibilità della salute mentale per la classe politica italiana – continua Ducci - va a braccetto con il fatto che, nonostante la Conferenza Stato-Regioni abbia fissato al 5% la quota destinata alla salute mentale del Fondo sanitario nazionale, fissato per il 2022 in 122 miliardi di euro, la media di stanziamento effettivo delle Regioni è del 3,3%. In questo ambito, i fondi aggiuntivi destinati al rafforzamento dei Dipartimenti di salute mentale sono in tutto 60 milioni - sottolinea Ducci - ma tra questi sono compresi circa 30 milioni per il voucher psicologico, che è solo una mancia per la salute mentale, non condivisibile, perché non crea un ammortizzatore socio-sanitario in grado di attutire nel breve e nel lungo termine i contraccolpi subiti dalla salute mentale”.
Le proposte del Coordinamento
“I Direttori dei DSM italiani chiedono quindi il coinvolgimento pieno e qualificato nelle azioni previste nel PNRR per tutte le attività in diretta relazione con i servizi di salute mentale sul territorio e, in particolare, l’inserimento dei centri di salute mentale e di tutti i servizi di accoglienza dei DSM in ogni Casa della Comunità. Infine, ribadiscono la necessità di dotare i DSM di adeguate risorse per sopperire alla carenza di personale e svolgere tutti questi compiti”.
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