Al 31 dicembre attive l'8,5% case della comunità POR e 11,6% case della comunità Extra POR attive. Solo in cinque Regioni (Emilia Romagna, Lombardia, Molise, Piemonte e Toscana) risultano strutture previste nei POR già avviate e solo tre Extra POR (L
Al 31 dicembre attive l'8,5% case della comunità POR e 11,6% case della comunità Extra POR attive. Solo in cinque Regioni (Emilia Romagna, Lombardia, Molise, Piemonte e Toscana) risultano strutture previste nei POR già avviate e solo tre Extra POR (Lombardia, Piemonte e Umbria)
Le case di comunità annunciate in pompa magna nelle precdenti legislature rischiano di diventare un (ennesimo) flop. Nei mesi scorsi il primo ad aver manifestato le proprie perplessità è stato il ministro della Salute Orazio Schillaci: “Sono fiducioso che si possano realizzare tutte quelle previste dal Pnrr ma potremmo avere dei problemi di fondi visto che rispetto a quando sono stati erogati – spiega il ministro – i costi sono lievitati sensibilmente. Inoltre nello stanziamento non era prevista alcuna disponibilità per il personale e le attrezzature”. E non solo. Anche i sindacati hanno mostrato scetticismo: il Sindacato medici italiani (Smi), con il segretario generale Pina Onotri, è convinta che le Case di Comunità non siano la soluzione alla crisi dei medici di famiglia. "Preoccupa molto la riforma che prevede l'istituzione delle Case di Comunità. Abbiamo il timore che si voglia far fronte alla carenza dei medici di famiglia spostandoli da una parte all'altra del territorio: e finalmente, dopo mesi, anche Fimmg viene sulle nostre posizioni. Chiediamo un ripensamento in toto del D.M. 77 che riorganizza la medicina territoriale. Basta con le inaugurazioni di cattedrali nel deserto fatte sulla pelle dei cittadini e dei medici!", ha tuonato il sindacato. E vediamo, dunque, Fimmg che cosa ne pensa: "Non è un problema che riguarda solo i paesi montani - aveva detto il vicesegretario nazionale Fimmg Domenico Crisarà - ma anche quelli situati in pianure vaste e poco popolose o in piccole isole".
Commenti che tra l'altro trovano conferma nel primo monitoraggio semestrale di Agenas sull’attuazione degli standard del DM 77/2022 riguardante il semestre giugno-dicembre 2022, che fa segnare diversi ritardi da parte delle Regioni nell'attivazione delle previste Case della comunità, Centrali operative territoriali e Ospedali di comunità la cui scadenza è per il 2026.
Questi interventi vengono divisi in due macrocategorie: interventi previsti nei POR (Piano Operativo Regionale) allegati ai CIS (Contratti Istituzionali di sviluppo) sottoscritti tra le Regioni/PA e il Ministero della Salute in attuazione del Pnrr; interventi Extra POR che utilizzano altre fonti di finanziamento (art.20, Fondi regionali, Fesr etc.).
Ebbene, al 31/12/2022 risultano complessivamente 8,5% case della comunità POR attive e 11,6% case della comunità Extra POR attive. Solo in cinque Regioni (Emilia Romagna, Lombardia, Molise, Piemonte e Toscana) risultano case della comunità previste nei POR già avviate e operanti e solo tre Extra POR (Lombardia, Piemonte e Umbria).
Al 31/12/2022 risultano complessivamente 2,3% centrali operative territoriali POR attive e 25% centrali operative territoriali Extra POR attive. Solo in tre Regioni (Lombardia, Piemonte e Umbria) risultano case della comunità previste nei POR già avviate e operanti e solo due Extra POR (Lombardia e Veneto).
Al 31/12/2022 risultano complessivamente 7,1% ospedali di comunità POR attivi e 27,8% ospedali di comunità Extra POR attivi. Solo in sei Regioni (Calabria, Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Molise e Veneto) risultano case della comunità previste nei POR già avviate e operanti e solo due Extra POR (Lombardia e Veneto).
Quanto alle risorse stanziate per l'edilizia sanitaria ex art. 20 (34.113.807.991 euro), le principali criticità, spiega Agenas, "si riscontrano nella complessità e nella durata della procedura che non consentono un agevole e tempestivo impiego delle risorse pubbliche rese disponibili, le quali rimangono per lungo tempo immobilizzate con evidenti riflessi negativi sulla gestione finanziaria e contabile della Regione e dell’intero SSR, (fattore anche evidenziato dalla Corte dei Conti). La lunghezza dell’iter determina spesso un parziale superamento della programmazione che non risulta sempre coerente con la normativa che nel frattempo interviene, inoltre l’aumento dei costi degli interventi e/o l’emergere di nuovi/diversi fabbisogni potrebbero richiedere variazioni degli interventi stessi e, quindi, la conseguente necessità di procedere a rimodulazioni dell’Accordo per aggiornarne i contenuti, nonché a revoche di interventi già approvati e relativa richiesta di sostituzione con nuovi interventi".
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