Questi alimenti impattano “su appetito, ormoni, aumento di peso con probabilità di sviluppare obesità e malattie croniche”
“Mangeresti del cibo che è stato predigerito?”, si chiede il Washington Post in un servizio in cui s’afferma che è quel che accade oggi quando consumiamo molti cibi confezionati come “cereali, snack, surgelati che sono stati raffinati, pestati, riscaldati, sciolti, modellati, deformati e confezionati con ogni genere d’additivo”.
Già, perché un numero sempre maggiore di ricerche sostiene che il peso della lavorazione industriale (estrusione) a cui è sottoposto il cibo “può alterarne gli effetti sul corpo”, determinandone l'impatto “su appetito, ormoni, aumento di peso con probabilità di sviluppare obesità e malattie croniche”.
Se da un lato è vero che non esiste prodotto che non sia in qualche modo trattato prima d’arrivare in negozio, nel caso degli ultra-lavorati “vengono trasformati da semplici ingredienti in prodotti industriali con insolite combinazioni di sapori, additivi e consistenze”, molti dei quali “non esistono in natura”. E attraverso sofisticati processi ne trasformano, alterandole, le proprietà iniziali per diventare fonti di cattivo stato di salute del corpo.
È così che molti paesi hanno emanato linee guida dietetiche che incoraggiano le persone a includere più alimenti non trasformati nella loro dieta. Brasile, Belgio, Israele e Uruguay hanno poi pubblicato linee guida dietetiche che invitano a non consumare cibi ultra-elaborati. Negli Stati Uniti, gli alimenti ultra-elaborati costituiscono “il 58% delle calorie consumate” dalle persone, e gli esperti stanno ora indagando a fondo il legame tra alimenti ultra-elaborati e obesità, negli Usa vera e propria piaga sociale.
Più economici, ma a che prezzo?
L’industria alimentare si difende dicendo che “gli alimenti trasformati in genere aiutano a produrre alimenti più economici, disponibili e accessibili", come sostiene Bryan Hitchcock, responsabile scientifico e tecnologico dell'Institute of Food Technologists, motivo per cui "le tecnologie di lavorazione su scala industriale aggiungono valore, sicurezza e nutrizione riducendo costi, perdite e sprechi". A quale prezzo?
Molti alimenti ultra-elaborati all’inizio hanno cereali ricchi di fibre come grano, riso, avena e mais, ma poi le aziende utilizzano “rulli in acciaio ad alta velocità per trasformare i grani in farina o piccole particelle e in alcuni casi i chicchi vengono anche raffinati, “il che significa che vengono rimossi i loro componenti ricchi di fibre e sostanze nutritive, come crusca e germe” utilizzando amidi raffinati “per addensare e migliorarne il gusto al palato", come nel caso di budini, salse, condimenti per insalata, zuppe in scatola, stufati e prodotti da forno.
Il risultato è che il processo industriale di “estrusione” ha reso l'industria multimiliardaria ma distrugge “la matrice alimentare dell'amido, rompe le rigide pareti cellulari, i granuli che contengono catene di glucosio”.
L’industria e multimiliardaria perché la sua tecnologia “è efficiente ed economica” e consente di produrre “un'ampia gamma di alimenti pronti per il consumo” incidendo sul costo finale dei prodotti realizzati in grandi quantità.
Ecco perché la “cottura per estrusione” a pressioni e temperature molto elevate è una sorta di “predigestione del cibo". E il processo “accelera la velocità con cui i nostri tratti digestivi assorbono il glucosio e altre sostanze nutritive, causando picchi di zucchero nel sangue e livelli di insulina” come dimostrano ampi studi in materia.
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