Il presidente Apiafco: Condividere timori e dubbi aiuta a evitare isolamento
Parlare e socializzare fa sempre bene, ma aiuta ancora di più se si soffre di una malattia che "si vede", come la psoriasi, patologia infiammatoria della pelle non contagiosa, ma cronica, recidiva, multifattoriale, autoimmune e genetica. Se infatti la psoriasi incide in maniera abbastanza importante nella vita di chi ne soffre, portando con sé una serie di comorbilità come quelle immuno-correlate, cardiovascolari o croniche come quelle metaboliche, può anche causare disagio psicologico, depressione e isolamento visto che si manifesta anche sul viso, le mani, le parti intime. Ma condividere e confrontarsi sui propri timori e avere risposte dal punto di vista delle terapie aiuta ad avere migliori relazioni. Sia col partner, che coi colleghi, gli amici, i familiari. E' quanto si evince da un sondaggio realizzato da Apiafco (Associazione Psoriasici Italiani Amici della Fondazione Corazza) e al quale hanno partecipato 369 iscritti da tutta Italia, dagli 11 agli 87 anni. Dalle risposte, spiega la presidente di Apiafco, Valeria Corazza, emergono luci e ombre, ma anche la conferma che il dialogo, il confronto e l'ascolto influenzano positivamente le relazioni.
Da uno sguardo ai numeri, infatti, emerge che per il 64,2% degli intervistati la malattia incide sul quotidiano, lo fa in maniera importante solo per alcuni aspetti per il 47,9%, e in modo assoluto per il 33%.
Tornando ai numeri e alla questione dei rapporti interpersonali, per il 26,8% del campione la malattia pesa sui rapporti coi familiari e porta tristezza (26,8%), ma fortunatamente per il 68,1% prevale l'aspetto della condivisione. E se per il 26,5% la psoriasi incide sulle amicizie e sul senso di insicurezza, per il 41,1% la malattia è 'accettata' e vista come una sorta di "compagna di vita alla quale ci si è abituati".
Quanto al mondo del lavoro, c'è un 33,1% di chi soffre di psoriasi che prova disagio, contro un 53% che propende per l'accettazione. E' anche vero, però, che il 9,3% degli intervistati la malattia è "uno stimolo a fare sempre meglio" sul lavoro. "Chi ha accettato la malattia, chi ne parla e condivide anche gli aspetti negativi- sintetizza Corazza- ha rapporti più facili e migliorati perché così viene demolito il senso di insicurezza. Parlare, dunque, aiuta a non sentirsi isolati, non sentirsi messi in un cantone, a non far pesare gli sguardi spiacevoli di chi non conosce la malattia e magari pensa che sia contagiosa". Anche per questo ogni anno l'associazione, in occasione della Giornata mondiale della psoriasi (che ricorre ogni anno il 29 ottobre) organizza eventi di sensibilizzazione. Quest'anno la scelta è caduta su un format innovativo che si svolge sabato 28 alle 15.30 al Social hub di Bologna ed è intitolato, non a caso, "Psoriasi. Parliamone, parliamoci. Io sto bene, e tu?". E' un'iniziativa "un po' fuori dagli schemi", non si tratta infatti del classico dialogo con un medico che sta in cattedra e il paziente dall'altra, spiega Corazza. E nemmeno del convegno al termine del quale chi vuole fare domande deve alzare la mano. I partecipanti, pazienti, specialisti e caregiver saranno infatti "mescolati, da subito", si creeranno dei gruppi per fare le domande, in una situazione "più aperta" e un'atmosfera "più familiare e semplice".
Nel salotto che si creerà sarà quindi più agile lo scambio di domande e risposte e i pazienti potranno parlare tra loro di cure o di come vivono, confrontarsi con la stessa presidente Corazza, con i dermatologi Federico Bardazzi e Vera Tengattini o con la psicologa Paola Mamone in maniera anche informale. Un format che Apiafco pensa già di ripetere per "fare condivisione, mescolanza e parlarne". Il pomeriggio sarà anche "un'occasione per spiegare il valore dell'associazionismo, capace di incidere positivamente sulla capacità del paziente psoriasico di relazionarsi con le altre persone".
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