Canali Minisiti ECM

Caffè salva memoria, scudo contro Alzheimer

Neurologia Redazione DottNet | 21/07/2009 18:02

'Na tazzulella e café', come recitava un vecchio motivo partenopeo, non solo per deliziare il palato, ma anche per preservare la memoria dai segni del tempo.

Una ricerca dell'università della Florida, pubblicata dal Journal of Alzheimer, mostra che berne fino a cinque tazze al dì contrasterebbe i problemi di memoria legati all'Alzheimer. Nei topi, perlomeno, l'insolito rimedio sembrerebbe funzionare. Tant'è che i ricercatori statunitensi sono decisi a cominciare quanto prima i trial clinici sull'uomo.
La caffeina, secondo l'equipe Usa, ostacola infatti la produzione di placche beta amiloidi nel cervello, traccia inconfutabile della patologia neurodegenerativa. Lo studio è stato realizzato 'ingegnerizzando' gli animali in modo che fossero affetti dalla malattia mangia-memoria per eccellenza. I topi giunti a 18-19 mesi, ovvero l'equivalente dei nostri settant'anni d'età, sono stati sottoposti a test comportamentali per verificare la loro memoria.

pubblicità


Parallelamente sono stati suddivisi in due gruppi: uno di controllo, l'altro composto da animali a cui sono stati dati circa 500 milligrammi al giorno di caffeina, disciolta nell'acqua. L'equivalente di cinque caffè. Dopo due mesi, i ricercatori capitanati da Gary Arendash hanno ripetuto gli stessi test eseguiti all'inizio dello studio, e hanno potuto così osservare che i topi che avevano assunto caffeina ottenevano risultati migliori rispetto all'altro gruppo alle prese con la malattia. Addirittura le performance dei topi 'caffeinomani' erano
paragonabili a quelle degli animali della stessa età, ma senza Alzheimer.

Commenti

I Correlati

Scoperti nuovi fattori di rischio: il colesterolo "cattivo" nella mezza età e la perdita della vista non trattata in età avanzata

Perdita di autonomia, stigma sociale e peso economico i principali timori

Il lavoro, che accoglie le prime evidenze dello studio Nemesis è stato pubblicato su Nature Communications e illustra la generazione e i meccanismi neuronali delle alterazioni, suggerendo nuove vie di riabilitazione

All’A.O.U. Luigi Vanvitelli una nuova tecnologia cambierà la vita di migliaia di pazienti

Ti potrebbero interessare

Scoperti nuovi fattori di rischio: il colesterolo "cattivo" nella mezza età e la perdita della vista non trattata in età avanzata

Perdita di autonomia, stigma sociale e peso economico i principali timori

Il lavoro, che accoglie le prime evidenze dello studio Nemesis è stato pubblicato su Nature Communications e illustra la generazione e i meccanismi neuronali delle alterazioni, suggerendo nuove vie di riabilitazione

All’A.O.U. Luigi Vanvitelli una nuova tecnologia cambierà la vita di migliaia di pazienti

Ultime News

Più letti