'Na tazzulella e café', come recitava un vecchio motivo partenopeo, non solo per deliziare il palato, ma anche per preservare la memoria dai segni del tempo.
Una ricerca dell'università della Florida, pubblicata dal Journal of Alzheimer, mostra che berne fino a cinque tazze al dì contrasterebbe i problemi di memoria legati all'Alzheimer. Nei topi, perlomeno, l'insolito rimedio sembrerebbe funzionare. Tant'è che i ricercatori statunitensi sono decisi a cominciare quanto prima i trial clinici sull'uomo.
La caffeina, secondo l'equipe Usa, ostacola infatti la produzione di placche beta amiloidi nel cervello, traccia inconfutabile della patologia neurodegenerativa. Lo studio è stato realizzato 'ingegnerizzando' gli animali in modo che fossero affetti dalla malattia mangia-memoria per eccellenza. I topi giunti a 18-19 mesi, ovvero l'equivalente dei nostri settant'anni d'età, sono stati sottoposti a test comportamentali per verificare la loro memoria.
Scoperti nuovi fattori di rischio: il colesterolo "cattivo" nella mezza età e la perdita della vista non trattata in età avanzata
Perdita di autonomia, stigma sociale e peso economico i principali timori
Il lavoro, che accoglie le prime evidenze dello studio Nemesis è stato pubblicato su Nature Communications e illustra la generazione e i meccanismi neuronali delle alterazioni, suggerendo nuove vie di riabilitazione
All’A.O.U. Luigi Vanvitelli una nuova tecnologia cambierà la vita di migliaia di pazienti
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