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Endocrinologo su caso Semenya, occhio a Dna e non solo a testosterone

Endocrinologia | 25/08/2009 10:56

Escludendo doping ci sono varie patologie che ne aumenterebbero i livelli Occhio al Dna e non solo al testosterone.

E' quanto suggerisce Carlo Foresta, endocrinologo dell'università di Padova, intervenendo sulla vicenda di Caster Semenya, l'atleta sudafricana oggi di nuovo al centro delle polemiche poiché nel suo sangue sarebbero stati trovati livelli di testosterone ben tre volte superiori alla media. Dopo avere trionfato negli 800 metri femminili ai Mondiali di Berlino, dubbi sono stati sollevati sulla sua vittoria a causa della mascolinità del suo aspetto. E oggi sul suo trionfo è di nuovo polemica, in seguito alle rivelazioni del quotidiano inglese 'Daily Telegraph' sui presunti risultati delle analisi eseguite prima della rassegna iridata.
"Se escludiamo l'ipotesi di doping - spiega Foresta - vi sono varie opzioni, nella pratica clinica, che potrebbero far schizzare i livelli di testosterone in una donna".

Non ultima, da qui l'attenzione al Dna, la possibilità che l'atleta sudafricana sia cromosomicamente uomo, ma fenotipicamente donna.
"In questo caso si tratterebbe di una patologia - sottolinea l'endocrinologo - che un tempo veniva definita sindrome di Morris o 'da donne belle': sono presenti alti livelli di testosterone nel sangue, ma nell'organismo non funziona il recettore di quest'ormone steroideo che pertanto non produce i suoi effetti. Ci troviamo dunque di fronte a un individuo che cromosomicamente è un uomo, ma ha organi sessuali femminili, pertanto è fenotipicamente femmina". Una possibilità, questa, ma certo non l'unica.

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