I risultati di quella che viene definita una importante scoperta scientifica, denominata Cardio-Sis, destinata a migliorare la cura dei pazienti affetti da ipertensione arteriosa, sono stati presentati in un congresso internazionale, che si è svolto a Barcellona, dal dottor Paolo Verdecchia, che l'ha coordinata.
Il ricercatore fa parte della struttura complessa di cardiologia dell'ospedale S. Maria della Misericordia di Perugia, diretta da Claudio Cavallini. Lo studio è stato condotto in 44 centri italiani sotto l'egida dell'Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri (Anmco). La ricerca ha dimostrato - si legge in un comunicato dell'ospedale perugino - che una strategia terapeutica aggressiva dell'ipertensione arteriosa, mirata alla riduzione della pressione massima al di sotto dei 130 mmHg è sensibilmente migliore della strategia tradizionale mirata alla riduzione della pressione arteriosa sistolica 'solo' al di sotto dei 140 mmHg. Al termine di due anni di terapia infatti, i pazienti ipertesi trattati secondo lo schema più ''aggressivo'' hanno mostrato una importante riduzione del danno cardiaco (ipertrofia del ventricolo sinistro) nonchè delle maggiori complicanze cardiovascolari quali l'infarto miocardico, l'ictus cerebrale e la morte per cause cardiovascolari.
Società scientifiche ed esperti concordano sulla necessità di agire sull’organizzazione e il monitoraggio – anche attraverso i LEA - e sulla comunicazione per un paziente più consapevole
Per colmare questo vuoto, è stato realizzato il Manifesto: “Rischio cardiovascolare residuo: analisi del contesto e delle opzioni terapeutiche, tra innovative strategie di prevenzione e sostenibilità di sistema”
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Il documento ha affrontato il tema dell’aderenza terapeutica nei suoi diversi aspetti, sia a livello mondiale che italiano
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