Quarantasei medici italiani saliranno sul monte più alto del mondo per studiare e svelare i segreti di gravi malattie, come ictus e infarto. Obiettivo della ricerca è capire come l'ossigeno sia in grado d'innescare i meccanismi alla base delle malattie cardiovascolari. La spedizione parte il 9 settembre e rimarrà sull'Everest per circa un mese.
Svelare i segreti di malattie come ictus e infarto in un laboratorio naturale allestito sulle cime del monte Everest. E' quanto puntano a fare 46 italiani tra medici, bio-ingegneri e alpinisti, che si sottoporranno a diversi test scientifici ad alta quota per capire come l'ossigeno possa innescare i meccanismi che sono alla base delle malattie cardiovascolari. E, quindi, contribuire alla ricerca di una possibile cura. La spedizione, chiamata Progetto Highcare, partira' il 9 settembre ed e' organizzata dall'Istituto Auxologico italiano e dall'Universita' Bicocca di Milano, con il sostegno del Club Alpino italiano e della Regione Lombardia. La sua durata e' di un mese per i 36 volontari e di due mesi per i dieci alpinisti che fanno parte del gruppo, in tutto equamente suddivisi tra maschi e femmine e di eta' compresa tra i 18 e i 65 anni. ''Molte delle variazioni fisiologiche che avvengono alle alte quote - spiega Gianfranco Parati, primario di cardiologia all' Auxologico e ricercatore capo del Progetto Highcare - sono causate dalla diminuzione della pressione atmosferica, che conduce a ipossia e a ipossemia (carenza di ossigeno).
Società scientifiche ed esperti concordano sulla necessità di agire sull’organizzazione e il monitoraggio – anche attraverso i LEA - e sulla comunicazione per un paziente più consapevole
Per colmare questo vuoto, è stato realizzato il Manifesto: “Rischio cardiovascolare residuo: analisi del contesto e delle opzioni terapeutiche, tra innovative strategie di prevenzione e sostenibilità di sistema”
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Il documento ha affrontato il tema dell’aderenza terapeutica nei suoi diversi aspetti, sia a livello mondiale che italiano
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