Per le donne l'asportazione dell'utero resta il più diffuso intervento al mondo dopo il taglio cesareo. L'hanno subita negli Usa una ultrasessantenne su tre, nel Regno Unito una su cinque e in Italia sono state eseguite nel 2004 circa 70.000 isterectomie. Eppure, ogni anno, il 50% di queste operazioni potrebbe essere evitato. Il dato arriva dal Congresso mondiale di ginecologia, che si chiuderà in questi giorni a Città del Capo (Sud Africa) e che riserva particolare attenzione ai trattamenti 'conservativi'.
"Oggi abbiamo nuove possibilità terapeutiche in grado di 'salvare' l'utero", spiega Emilio Arisi, direttore dell'Unità operativa di Ostetricia e Ginecologia dell'ospedale regionale S. Chiara di Trento e consigliere nazionale della Società italiana di ginecologia e ostetricia (Sigo). In particolare, i sanguinamenti eccessivi - la più diffusa patologia della mestruazione che riguarda una donna su 20 tra i 30 e i 49 anni - "vanno curati con un sistema intrauterino a rilascio di farmaco" evitando interventi invasivi come indicano anche le linee guida della Sigo.
L'utilizzo del dispositivointrauterino, che libera in maniera costante, per 5 anni, una piccola quantità di progestinico, garantisce anche la sicurezza contraccettiva per tutta la sua durata d'uso. "E' un'ottima soluzione - dice l'esperto - anche per quei Paesi in cui vi è un alto tasso di aborti, soprattutto di quelli ripetuti. Il dispositivo può infatti essere inserito immediatamente dopo un'interruzione volontaria di gravidanza e questa rappresenta a nostro avviso un'utile strategia per mettere al sicuro donne che si trovano in una particolare situazione di vulnerabilità. Ogni 8 minuti nel mondo si registra una morte per complicanze legate ad aborti compiuti in condizioni di non sicurezza".
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