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Aborto: vescovi, per farmacisti obiezione coscienza è un diritto per farmaci che hanno scopi immorali, caso RU486 per ospedalieri

Ginecologia Adelaide Terracciano | 28/10/2009 11:55

"L'obiezione di coscienza è anche un diritto che deve essere riconosciuto ai farmacisti, permettendo loro di non collaborare direttamente o indirettamente alla fornitura di prodotti che hanno per scopo scelte chiaramente immorali, come per esempio l'aborto e l'eutanasia". E' quanto ha affermato questa mattina il Segretario generale della CEI, mons. Mariano Crociata, intervenendo al convegno nazionale dell'Unione farmacisti cattolici italiani dedicato a "L'obiezione di coscienza del farmacista, tra diritto e dovere''.
 

''Tradizionalmente -ha spiegato il Segretario generale della CEI- la possibilità dell'obiezione di coscienza è stata riconosciuta con riguardo al servizio di leva obbligatorio e agli interventi diretti all'interruzione volontaria di gravidanza, cioè ai due casi tipici che per la loro radicalità permettono di mettere in evidenza i referenti essenziali dell'obiezione stessa. Sono casi emblematici perché, pur nella loro diversità, appaiono entrambi legati direttamente al fondamentale principio del non uccidere".

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Dunque "in questo quadro -ha detto ancora mons. Crociata- si colloca anche la questione del diritto-dovere dei farmacisti all'obiezione di coscienza, che viene oggi in discussione sia di fronte a taluni farmaci abortivi (come la RU486, per i farmacisti ospedalieri) o potenzialmente abortivi, quale in concreto la cosiddetta pillola del giorno dopo, sia di fronte a taluni sviluppi (o meglio involuzioni) che si profilano in materia di fine vita".

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