Bambini o ragazzi apparentemente sani, colpiti da infarti improvvisi mentre erano in classe o su un campo di calcio. La morte cardiaca colpisce alcuni giovanissimi come un fulmine a ciel sereno, ma ora un gruppo di ricercatori internazionali, tra cui alcuni scienziati italiani, ha individuato due fattori genetici che aumentano il rischio di morte improvvisa.
Lo studio, pubblicato su 'Circulation' da ricercatori americani, sudafricani e dal gruppo dell'Università di Pavia diretto da Peter Schwartz, ha scoperto che le variazioni nel gene NOS1AP moltiplicano il pericolo di sintomi cardiaci e morte improvvisa nei pazienti affetti da un disturbo cardiaco ereditario, chiamato sindrome del Qt-lungo. La scoperta aiuterà i medici a individuare i soggetti più a rischio e a proteggerli, spiega Alfred George della divisione di genetica alla Vaderbildt University (Usa). La sindorme del Qt-lungo coinvolge l'attività elettrica del cuore (l'intervallo Qt è una misura dell'elettrocardiogramma, più lungo del normale nei pazienti con la sindrome), e rende i malati più esposti a disturbi del ritmo cardiaco potenzialmente fatali.
Società scientifiche ed esperti concordano sulla necessità di agire sull’organizzazione e il monitoraggio – anche attraverso i LEA - e sulla comunicazione per un paziente più consapevole
Per colmare questo vuoto, è stato realizzato il Manifesto: “Rischio cardiovascolare residuo: analisi del contesto e delle opzioni terapeutiche, tra innovative strategie di prevenzione e sostenibilità di sistema”
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Il documento ha affrontato il tema dell’aderenza terapeutica nei suoi diversi aspetti, sia a livello mondiale che italiano
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