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Tre milioni d'italiani sono a rischio diabete

Diabetologia Redazione DottNet | 09/09/2008 17:17

Sono tre milioni gli italiani che vivono a rischio diabete e che potrebbero contrarlo nei prossimi dieci anni.

Hanno dai 40 ai 60 anni, sono in sovrappeso o addirittura obesi, sono circa tre milioni di italiani a forte rischio diabete, uno su tre di loro sviluppera' infatti il diabete entro dieci anni, gli altri a seguire. A puntare l'attenzione su queste persone e' Paolo Pozzilli, Direttore dell'Unita' Operativa di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo del Campus Bio-Medico di Roma, in un incontro con la stampa presso la sede dell'Associazione Amici del Campus. E proprio per studiare un rimedio alla loro 'sorte' gia' scritta, parte al campus romano uno studio su 36 soggetti per vedere se somministrando loro alcune dosi di insulina prima e dopo i pasti e quindi evitando il loro picco glicemico, si possa ritardare o addirittura prevenire l'insorgere del diabete.

Questi individui sono definibili prediabetici in quanto pur non essendo ancora malati, hanno gia' un'intolleranza allo zucchero che si manifesta per esempio con alti picchi glicemici dopo pranzo, chiaro segno di scarso controllo della glicemia.

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L'idea e' che rimettendo a posto gli 'ingranaggi' di questa regolazione si possa evitare l'insorgere della malattia. Altri pazienti cui gioverebbe la somministrazione precoce di insulina, continua Pozzilli, sono quelli col diabete autoimmune latente dell'adulto (LADA), la cui malattia e' confusa col diabete di tipo due. Invece, precisa Pozzilli, il LADA e' come il diabete giovanile, le cellule che producono insulina vengono disintegrate dal sistema immunitario, ma ha insorgenza tardiva, intorno ai 45 anni. Un progetto congiunto tra Italia e Corea, racconta Pozzilli, ha mostrato che i due paesi, che pure hanno poco in comune avendo stili di vita, dieta e patrimonio genetico tra loro molto diversi, hanno un'identica quota di diabetici affetti da LADA, intorno al 4,4% dei malati. Il motivo di questa identita' resta un mistero, conclude Pozzilli, gli studi congiunti Italia-Corea permetteranno di scoprirlo, portando allo sviluppo di nuove terapie mirate.

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