Dall'Enciclopedia della Psicoanalisi di J. Laplance e J.B Pontalisi,1974,68, leggiamo:
" Nel vocabolario freudiano Zwang [ obbligo, costrizione, vincolo, inibizione, forza, violenza] è utilizzato per designare una forza interna costrittiva. Esso è usato per lo più nel quadro della nevrosi ossessiva e implica allora che il soggetto si sente costretto da quella forza ad agire o a pensare in un determinato modo e lotta contro di essa".
Freud S. (1914) scrive: " Sappiamo dunque che l'analizzato ripete invece di ricordare, che ripete sotto le condizioni impostegli dalla resistenza; ma ci possono ora chiedere: che cosa propriamente egli ripete o mette in atto? La risposta è questa; egli ripete tutto ciò che, provenendo dalle fonti di quanto in lui vi è di rimosso, si è già imposto alla sua personalità manifesta; le sue inibizioni, i suoi atteggiamenti inservibili, i tratti psicologici del suo carattere. Sì, egli ripete anche durante il trattamento tutti i suoi sintomi. E ora possiamo osservare che mettendo in rilievo la coazione a ripetere non abbiamo acquisito un fatto nuovo, ma solo una concezione più unitaria. Ci rendiamo conto infatti che lo stato morboso dell'ammalato non può cessare con l'inizio della sua analisi, e che la sua malattia non va trattata come una faccenda del passato, ma come una forza che agisce nel presente". Ancora nel 1920: " Ma che tipo di connessione esiste fra la pulsionalità e la coazione a ripetere ? A questo punto ci si impone l'ipotesi di esserci messi sulle tracce di una proprietà universale delle pulsioni, e forse della vita organica in generale, proprietà che finora non era stata chiaramente riconosciuta o, almeno, non era stata rilevata esplicitamente. Una pulsione sarebbe una spinta, insita nell'organismo vivente, a ripristinare uno stato precedente al quale quest'essere vivente ha dovuto rinunciare sotto l'influsso di forze perturbatrici provenienti dall'esterno; sarebbe dunque una sorta di elasticità organica, o, se si preferisce, la manifestazione dell'inerzia che è propria della vita organica. Questa concezione della pulsione ci suona strana, poiché ci siamo abituati a ravvisare in essa un fattore che spinge al cambiamento e allo sviluppo, mentre ora la dobbiamo intendere in un modo precisamente opposto, vale a dire come espressione della natura conservatrice degli esseri vivente".
In A di là del principio del piacere,1920,208, scrive: " Esistono così persone le cui relazioni umane si concludono tutte nello stesso modo: benefattori che dopo qualche tempo sono astiosamente abbandonati da tutti i loro protetti - per diversi che siano tra loro questi ultimi sotto altri riguardi -, e che quindi paiono destinati a vuotare fino in fondo l'amaro calice dell'ingratitudine; uomini le cui amicizie si9 concludono immancabilmente con il tradimento dell'amico, o altri che nel corso della loro vita elevano ripetutamente un' altra persona a una posizione di grande autorità privata o anche pubblica, e poi, dopo un certo intervallo di tempo, abbattono essi stessi quest' autorità, per sostituirla con quella di un altro; o, ancora, persone i cui rapporti amorosi con le donne attraversano tutti le medesime fasi e terminano nello stesso modo ecc. Questo "eterno ritorno all'uguale" non ci stupisce molto se si tratta di un comportamento attivo del soggetto in questione e se in esso ravvisiamo una peculiarità permanente ed essenziale del suo carattere la quale debba necessariamente esprimersi nella ripetizione delle stesse esperienze. Un'impressione più forte ci fanno quei casi in cui pare che la persona subisca passivamente un' esperienza sulla quale non riesce ad influire, incorrendo tuttavia immancabilmente nella ripetizione dello stesso destino... Ma se nella psiche esiste tale coazione a ripetere, ci piacerebbe conoscere qualcosa su di essa, sapere a quale funzione corrisponde, in quali circostanze può manifestarsi, e in che rapporto sta col principio di piacere, a cui, dopo tutto, avevamo finora attribuito l'egemonia sui processi di eccitamento parchè si svolgono nella vita psichica".
Quando leggiamo che il "rimosso ritorna", si mette in evidenza che ciò che non si comprende, o che non può essere compreso, se non subisce una chiarificazione-decodificazione, tende a "ripetersi" anche se, a nostro avviso, con una diversa rappresentazione storica-sociale. E' tale diversità che ci induce nella illusoria rappresentazione del progresso dell'Uomo ?
Dalla biologia sappiamo che ogni sistema cellulare è percorso da flussi autoregolati di materia, energia ed informazioni, grazie a ciò esso si riproduce e si adatta anche ad ambienti mutevoli.
A livello cellulare l'autocontrollo definisce tutta la concentrazione relativa dei monomeri per la sintesi dei polinucleati e proteine come il meccanismo della riproduzione ed anche il comportamento nello spazio. Sia il controllo sia l'autocontrollo conferiscono un comportamento orientato verso determinate finalità; reperimento del cibo, ricerca del partner sessuale etc. Tutto ciò può anche non accadere, ma il problema della ripetitività, a nostro avviso "coattiva", si estrinseca, comunque.
Quindi, sotto questo aspetto, possiamo affermare che la fenomenologia, sia essa applicata alla biologia o alla non-biologia, rappresenta sempre un meccanismo di ripetitività coattiva.
La coazione non è da intendere al di là della formazione della Materia, poiché essa è intrinseca a qualsiasi organizzazione strutturale.
A nostro parere certi meccanismi riguardano l’intera organizzazione biologica e non, per cui essi vengono passivamente evidenziati, non avendo l’ Uomo la possibilità di comprenderli. Sotto questo aspetto dovremmo mutare la nostra ricerca.
Sappiamo anche che una catena polipeptidica è una successione di componenti più elementari e rappresenta una comunicazione , un messaggio. E la biologia molecolare consiste nella decodificazione di questi messaggi, mera esigenza dell’Uomo, e studia la funzione delle varie proteine in rapporto alla struttura e tutto quello che porta alla sintesi delle singole catene proteiche.
VENGA ENRICO
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