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USA: caso di morte per RU486

Ginecologia | 13/11/2009 16:40

Holly Patterson aveva appena compiuto 18 anni quando entrò in un consultorio californiano dell’associazione «Planned parenthood» chiedendo una pillola per abortire. In realtà non sappiamo cosa chiese. Sappiamo solo che era spaventata. Era incinta

I suoi genitori non lo sapevano. Holly ricevette una pastiglia da 200 mg di mifepristone al consultorio ed un’altra da 800 mg di misoprostol, con l’istruzione di inserirla vaginalmente dopo 24 ore. Prese appuntamento una settimana dopo, il 17 settembre 2003 per verificare che il feto fosse stato effettivamente espulso. Holly però morì un’ora prima di quel fatidico appuntamento, nel pronto soccorso dell’ospedale di Pleasanton. Suo padre, chiamato d’urgenza, non aveva mai sentito parlare della Ru486 prima che un medico lo informasse che, in seguito a un aborto chimico, sua figlia «non ce l’avrebbe fatta».
Ma Monty Patterson continuava a non capire cosa potesse aver trasformato la sua sana ed energica ragazza nella creatura pallida e incapace di parlare che lo guardava terrorizzata, poco prima di spirare.

Nei mesi successivi Patterson avrebbe imparato molto che ad uccidere sua figlia era stata la sepsi provocata da un’infezione dal batterio «clostridium sordellii», indotta dall’assunzione della Ru486. E che la morte poteva essere evitata. Oggi gira gli Usa per spiegare che la Ru486 è un autentico veleno: Patterson ha discusso dei rischi della pillola alla Casa Bianca, in frequenti testimonianze in Congresso, con la Fda, con associazioni di pazienti. In seguito al suo attivismo 70 deputati hanno redatto la “legge di Holly” che chiede la sospensione della Ru486 e la revisione dell’iter che ha portato alla sua approvazione. Ma la legge non è mai stata approvata dal Congresso.
 

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Fonte: Avvenire

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