In questi giorni si è tenuta la 3° Edizione del Congresso “Dalle intolleranze Alimentari alla Nutrigenetica”, per le categorie dei medici, biologi, farmacisti e dietisti.
Negli ultimi anni si è riscontrato un interesse crescente nei confronti del fattore “alimentazione” nella ricerca del benessere individuale. Il tema è ampiamente dibattuto tra gli esperti del settore che concordano sul fatto che l’interazione tra individuo e i “fattori nutrizionali e ambientali” sia la base di partenza per comprendere la causa di numerose problematiche e patologie.
Il Congresso è organizzato dall’A.I.Nu.C., l’ Accademia Internazionale di Nutrizione e vuole proporre un confronto serio e scientifico sull’argomento aprendo nuovi orizzonti di discussione e approfondimento alle nuove possibilità che la genetica applicata alla nutrizione mette a disposizione.
Oggi alcuni semplici test sul DNA ci rivelano quelle peculiarità genetiche che sono sensibili alle variabili ambientali, in primo luogo la dieta ed il nostro stile di vita, e che incidono nel bene e nel male sulla qualità della nostra vita stessa.
Ognuno di noi è unico e ciò è dovuto ai nostri geni. Le differenze da individuo a individuo si manifestano sia esteriormente nel nostro aspetto fisico, come il colore dei capelli e degli occhi, sia internamente, ad esempio nella diversa capacità di metabolizzare i nutrienti o eliminare le tossine. Infatti, sebbene condividiamo gran parte del materiale genetico, in ciascun gene vi sono punti di variazione; l’insieme di queste piccole variazioni influenza ciò che siamo e definisce la nostra individualità.
Ma i geni non sono tutto, essi non lavorano da soli e non ci determinano in modo assoluto. Essi interagiscono con il nostro ambiente, pertanto modificando la nostra interazione con l’ambiente modifichiamo l’espressione dei geni.
La correlazione emerge per la prima volta da uno studio condotto presso l'Università della California, a Riverside, e pubblicato sul Journal of Clinical Investigation Insight
I ricercatori del Labanof dell’Università Statale di Milano hanno esaminato due scheletri di donne e dei loro feti, con deformità attribuibili all'osteomalacia, una patologia legata alla fragilità ossea e associata alla carenza di vitamina D
Lo rivela uno studio effettuato su 1771 studenti di 48 scuole elementari pubbliche di Madrid
La pratica potrebbe salvare 820.000 vite l'anno
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