La vita media, negli ultimi cinquant’anni, è notevolmente aumentata, ma all’aumento in quantità non si è associato un aumento di qualità: l’aspettativa di vita è sempre più alta, ma la maggior parte degli anziani invecchia male. Una contraddizione evidenziata da a un sensibile incremento delle malattie degenerative (soprattutto cardiovascolari, neurologiche, oncologiche), che spesso trasformano la terza età in un periodo di sofferenza, in un calvario, tra cure, visite mediche e farmaci.
Dall’osservazione dei sempre più numerosi casi di longevità, dai centenari, si possono carpire alcuni segreti preziosi, che, uniti ai progressi diagnostici e terapeutici, possono consentire di realizzare il grande sogno di una medicina predittiva e preventiva. «La grande battaglia della medicina contemporanea si deve basare sulla ricerca di strategie diagnostiche e terapeutiche capaci di riportare l’equilibrio tra aspettativa di vita e qualità di vita» ha dichiarato il professor Ascanio Polimeni, direttore dei Centri per la Cura della Menopausa e dell’
Tra i centenari più famosi del mondo si ricordano in genere quelli di Okinawa, un’isola del Giappone, e quelli di una della più longeva isola di casa nostra, la Sardegna. Pur essendo collocate quasi ai due estremi opposti del globo, queste due popolazioni di ultracentenari presentano una serie di caratteristiche comuni e rappresentano il risultato di una perfetta integrazione tra patrimonio genetico e stile di vita. Se da un lato, questi centenari possono vantare geni particolarmente “brillanti”, che regolano l’invecchiamento - soprattutto quelli che proteggono da stress ossidativo e infiammazione cronica, due veri killer occulti - dall’altro lato anche lo stile di vita svolge un ruolo non marginale. Il loro è ottimale: vivono in aree poco inquinate, mangiano poco (la restrizione calorica è una delle strategie più efficaci per rallentare l’invecchiamento), svolgono attività fisica, hanno un forte senso sociale e un alto senso della spiritualità. «Queste caratteristiche - spiega Polimeni - possono servire da modello per lo stile di vita dei nostri giovani, i centenari di domani. Infatti, l’invecchiamento, risultato dell'interazione tra patrimonio genetico e ambiente, è determinato per un terzo dai geni e per il resto dalle nostre scelte e dal nostro stile di vita. Tale interazione geni/stile di vita va a ripercuotersi soprattutto sull’equilibrio tra sistema nervoso, sistema endocrino e sistema immunitario». In particolare l’equilibrio ormonale svolge un ruolo fondamentale nel regolare il nostro stato di salute: con l’età i livelli ormonali cambiano e fino a poco tempo fa si puntava molto sul calo degli ormoni nella vecchiaia; oggi invece l’attenzione è rivolta soprattutto alla perdita di armonia tra i vari assi ormonali. «Per questo motivo il mantenimento dell’armonia ormonale va visto come marker biologico di un invecchiamento di successo, simile a quello dei centenari» aggiunge Polimeni . «Il sistema endocrino è come una grande orchestra che con gli anni perde l’armonia e diventa sempre più stonata a causa anche della defaillance dell’orologio biologico». Proprio così: il funzionamento del sistema endocrino è paragonabile a quello di una grande orchestra sinfonica, sapientemente guidata dal direttore d'orchestra (l’ipotalamo), e composta da molti strumenti che suonano in armonia tra loro (le ghiandole endocrine). Con l'avanzare dell’età, si osserva una progressiva perdita di armonia che apre le porte al processo di invecchiamento e alle patologie correlate. «Osservando i successfull agers di tutto il mondo, scopriamo che sono caratterizzati spesso da livelli ormonali paragonabili a quelli di soggetti più giovani e soprattutto da una certa armonia ormonale, espressione di perfetta interazione tra geni, ambiente e stile di vita» spiega il professore. Uno stile di vita sano si basa innanzitutto su una buona alimentazione, ridotta in calorie, ricca di frutta e verdura, priva di alimenti conservati e fatta di cibi del luogo in cui si vive. Anche lo stress cronico non è un fattore da sottovalutare, perché crea squilibri tra gli ormoni: i centenari hanno infatti un atteggiamento mentale positivo, una grande spinta verso il sociale e spesso praticano tecniche anti-stress. L’attività fisica regolare è un alleato prezioso, perché ha un enorme effetto sugli equilibri ormonali, pari a quello di molte terapie sostitutive. «In questo contesto l’attività sessuale potrebbe dare uguali benefici, poiché invia al cervello messaggi di gioventù che permettono al cervello stesso di mantenersi giovane di conseguenza» spiega Polimeni. «Indispensabile è, infine, il rispetto dei ritmi biologici» assicura l'esperto, «rispettando, per esempio, gli orari di sonno e veglia, anche perché durante il sonno vengono prodotti diversi ormoni, primo tra tutti la melatonina, che è il grande direttore d’orchestra».
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