Quasi un italiano su due è sovrappeso o addirittura obeso. Un'emergenza sanitaria, avvertono gli esperti, perché l'accumulo di grasso sul girovita scatena la maggior parte delle patologie di cui oggi ci si ammala e si muore.
Ma di fronte a questa epidemia, la dieta mediterranea 'salvacuore' rischia ormai di estinguersi lasciando spazio a stili di vita sempre più globalizzati e omologati. A rilanciare l'allarme sono medici e nutrizionisti riuniti a Roma per il convegno annuale 'Alimentazione e salute', ideato e promosso da Salute/la Repubblica e organizzato da Somedia. Gli specialisti sollecitano in coro un cambio di rotta nelle abitudini di vita di adulti e bambini. Una rivoluzione culturale che deve partire dai banchi di scuola. "Se dopo campagne e messaggi martellanti sull'importanza del controllo del proprio peso il tasso di obesità in Italia sale - riflette Giuseppe Fatati, Presidente dell'Associazione italiana dietetica e nutrizione clinica (Adi) - significa che più di qualcosa non ha funzionato nella comunicazione a livello di sistema. La ricetta è forse quella di rendere più organici e coerenti i contenuti, non disperdendo la comunicazioni in mille rivoli, ma promuovendo tra aziende e autorità pubbliche un maggior coordinamento", propone. Un'alleanza compatta necessaria perché "il subdolo meccanismo che porta all'obesità è multifattoriale - sottolinea Giovanni Spera, Ordinario di medicina interna all'università La Sapienza di Roma e responsabile regionale Sio (Società italiana obesità)- con implicazioni che vanno dalla genetica, all'ambiente inteso come contesto socio-comportamentale, ma anche come fonte di inquinamento biologico.
La correlazione emerge per la prima volta da uno studio condotto presso l'Università della California, a Riverside, e pubblicato sul Journal of Clinical Investigation Insight
I ricercatori del Labanof dell’Università Statale di Milano hanno esaminato due scheletri di donne e dei loro feti, con deformità attribuibili all'osteomalacia, una patologia legata alla fragilità ossea e associata alla carenza di vitamina D
Lo rivela uno studio effettuato su 1771 studenti di 48 scuole elementari pubbliche di Madrid
La pratica potrebbe salvare 820.000 vite l'anno
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