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Diabete: perché abbiamo bisogno di nuovi approcci terapeutici

Diabetologia | 29/01/2010 11:04

In tutte le sue forme, il diabete affligge almeno 200 milioni di persone nel mondo, di cui circa il 10% sono pazienti con diabete mellito di tipo 1. Sia il diabete mellito di tipo 1 sia quello di tipo 2 hanno in comune un deficit della massa beta cellulare seppur principalmente derivato da due eventi ezio-patogenetici differenti (risposta autoimmune e insulinoresistenza). Dati storici riportano una distruzione stimata tra il 67 e il 90% della massa beta cellulare originale nel paziente con diabete di tipo 1 all’esordio e recentemente studi effettuati con clamp iperglicemico e stimolazione con glucagone hanno confermato un deficit del 75% rispetto ai controlli sani. Analogamente anche nel diabete di tipo 2 è dimostrata l’esistenza di un deficit della massa beta cellulare che negli stadi tardivi può essere ridotta del 50% circa rispetto a un soggetto normale.

Nonostante i notevoli miglioramenti nella terapia insulinica legati alla disponibilità delle nuove preparazioni commerciali e l’adozione di regimi di trattamento intensivo in grado di migliorare il controllo glicemico, la somministrazione esogena di insulina al momento non è in grado di evitare le complicanze di lungo periodo del diabete e l’attesa di vita del paziente diabetico rimane ridotta rispetto a quella della popolazione generale.
In linea di principio la cura per il diabete di tipo 1 e, per molti casi, anche di tipo 2, risiede nella possibilità di trovare un sostituto della massa beta cellulare che sia in grado di assolvere a due funzioni essenziali: misurare i livelli di glucosio nel sangue e secernere livelli appropriati di insulina.

Un apparato tecnico meccanico (pancreas artificiale) in grado di svolgere questa funzione potrebbe offrire una soluzione soddisfacente, ma al momento questo approccio non ha ancora una prospettiva clinica a breve periodo.

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Al momento l’unica terapia disponibile in clinica in grado di ricostruire il patrimonio beta cellulare del paziente diabetico è il trapianto allogenico/autologo di cellule beta (terapia cellulare somatica con trapianto di pancreas, isole di Langerhans o singole cellule beta). Nonostante i progressi degli ultimi anni, la terapia somatica allogenica rimane problematica da molti punti di vista: tra questi, la necessità di una terapia immunosoppressiva, la necessità di ricorrere a molti donatori di isole per un singolo ricevente e la durata limitata nel tempo del trapianto funzionante. Ne consegue che strategie rivolte a ricostruire la massa beta cellulare a partire da cellule staminali o precursori utilizzando come sorgente cellule di derivazione pancreatica o extrapancreatica sono di assoluta rilevanza.
 

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