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Parto cesareo, ecco le linee guida dell’Iss

Ginecologia Redazione DottNet | 11/02/2010 18:20

Informare le donne su rischi e vantaggi del parto con taglio cesareo per arrivare ad una scelta consapevole, fornendo supporto e strumenti anche per vincere l'eventuale paura del parto naturale e migliorando la comunicazione tra le donne e gli operatori sanitari sulle modalità di parto.

 E' l'obiettivo delle 'Linee guida sul taglio cesareo - Una celta appropriata e consapevole', messe a punto dall'Istituto superiore di sanità (Iss) e indirizzate a medici e donne (l'opuscolo è scaricabile dal sito dell'Iss). Questo a fronte dell'allarmante aumento dei cesarei, spesso senza una indicazione clinica, registrato in Italia negli ultimi anni. L'iniziativa parte dalla considerazione di un dato preoccupante: Nel nostro Paese il ricorso al cesareo è in continuo aumento e si è passati dall'11% del 1980 al 38% del 2008, ben al di sopra dei valori riscontrati negli altri Paesi europei. Si registra, inoltre, una spiccata variabilità su base interregionale, con percentuali tendenzialmente più basse nell'Italia settentrionale e più alte nel Sud, probabile indizio, afferma l'Iss, di ''comportamenti clinico-assistenziali non appropriati''. Le Linee guida, spiega l'Iss, rappresentano ''raccomandazioni di comportamento che possono essere utilizzate come strumento per medici e amministratori sanitari per migliorare la qualità dell'assistenza e razionalizzare l'utilizzo delle risorse''. Fondamentale è la raccomandazione di fornire tutte le informazioni alla donna, con la precisazione che la richiesta di cesareo da parte della futura mamma, senza indicazioni cliniche, non e' sufficiente. Queste le principali raccomandazioni:
- TAGLIO CESAREO (TC) SU RICHIESTA MATERNA: ''La richiesta materna, in assenza di motivazioni cliniche, non rappresenta un'indicazione al TC.

I professionisti sanitari devono esplicitare i potenziali benefici e danni del TC rispetto al parto vaginale, discutere approfonditamente con la donna le motivazioni di tale richiesta e documentare l'intero percorso decisionale in cartella clinica''.
- SUPPORTO CONTRO LA PAURA DEL PARTO: ''Qualora il motivo della richiesta di TC da parte della donna sia riconducibile primariamente alla paura del parto, si raccomanda di offrire, già durante la gravidanza, interventi informativi e di supporto standardizzati e validati (come l'assistenza one-to-one e l'offerta di parto-analgesia anche non farmacologica), in grado di rassicurare la gestante e sostenerla nella decisione''.
- MEDICO DECIDE: ''In assenza di un'appropriata indicazione clinica, il medico ha il diritto di rifiutare una richiesta di TC programmato. In ogni caso, alla donna deve essere garantita l'opportunità di accedere a un secondo parere''.
- CONSENSO INFORMATO E SUPPORTO ALLE DONNE: ''I professionisti sanitari devono offrire attivamente a tutte le donne in gravidanza informazioni basate su prove scientifiche relative alla gestazione e alle diverse modalità di parto.

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L'offerta attiva alle donne in gravidanza di interventi informativi e di supporto, standardizzati e validati, è raccomandata in quanto efficace nel ridurre la paura del parto, l'ansia e il conflitto decisionale. In tutti i casi in cui si decida di eseguire un TC, il medico deve riportare in cartella clinica tutti i fattori che hanno determinato la decisione''. Inoltre, ''una donna capace di intendere e di volere che rifiuti la proposta di un TC programmato, anche dopo approfondito colloquio in cui l'intervento sia stato presentato come vantaggioso per la salute del bambino, ha diritto di ricevere un secondo parere. Il rifiuto dell'intervento deve essere una delle possibili opzioni per la gestante'' e ''in caso di indicazione a un TC d'emergenza, una donna in possesso della capacità di intendere e di volere ha facoltà di rifiutarlo''. In Italia il ricorso alla pratica del parto con taglio cesareo ''ha raggiunto livelli allarmanti, sia per il numero di interventi effettuati, ben al di sopra della proporzione registrata negli altri paesi europei e della soglia indicata come ottimale nel 1985 dall'Organizzazione mondiale della sanità, sia per la variabilità rilevata tra le diverse regioni e aziende sanitarie''. A puntare i riflettori sul fenomeno è il presidente dell'Istituto superiore di sanità (Iss), Enrico Garaci. Questa variabilità, in particolare, avverte Garaci, ''sembra essere un indizio importante di comportamenti clinico-assistenziali non appropriati, in assenza di prove scientifiche che associno il maggiore ricorso alla chirurgia a una diversa distribuzione dei fattori di rischio materno-fetali''. Tuttavia, precisa il presidente Iss, ''siamo consapevoli che per governare la complessità del fenomeno non bastano delle raccomandazioni, seppure suffragate dalle migliori prove disponibili'' ma ''si richiede, piuttosto, un riorientamento complessivo del sistema, un approccio integrato in cui le misure di programmazione sanitaria, a livello nazionale e regionale, sappiano coniugarsi con l'implementazione di iniziative di educazione e di protocolli clinico-organizzativi a livello locale''. Questo, conclude Garaci, ''nella consapevolezza che su questa capacità di agire come sistema si deciderà, in larga misura, il futuro della sanità pubblica in Italia''.
 

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