''In Italia ci sono problemi ben più importanti del dibattito sulla pillola abortiva Ru486, tanto ormai l'Agenzia del farmaco (Aifa) ha dato l'ok, a che serve tanto rumore?''. Non smette di sorprendersi e di incuriosirsi il padre della Ru486, l'endocrinologo francese Etienne-Emile Baulieu, 82 anni, ancora ricercatore all'Inserm di Parigi, l'Istituto nazionale per la ricerca, per le polemiche che suscita ogni volta in Italia l'uso della pillola abortiva. ''Ho visto i titoli del quotidiano La Repubblica stamani - racconta - e mi sono davvero stupito, mi sono detto: com'è possibile? E' incredibile''. ''Mi chiedo - dice Baulieu - perché in Italia il dibattito è ancora così forte, e perché proprio ora? E' un paese democratico, si è liberi di avere opinioni diverse, di avere la libertà di poter abortire. La scelta di utilizzare o meno un certo farmaco è del paziente. La scelta in questo caso è prima di tutto delle donne''.
In Francia, dove l'utilizzo della pillola abortiva e' autorizzato dal 1988 per l'interruzione di gravidanze indesiderate fino alla fine della quinta settimana (49 giorni dall'ultimo ciclo mestruale), ''la polemica non durò a lungo'', spiega il biochimico, che ricorda tuttavia un'intervista tv in cui un ricercatore cattolico, di cui tra l'altro aveva stima, lo accusò di ''provocare con questo farmaco più morti di Stalin ed Hitler messi insieme''. ''Dopo l'ok della missione ministeriale, nel nostro Paese c'è stata subito una forte polemica delle associazioni cosiddette 'pro life' e della Chiesa tant'è che i dirigenti dell'azienda produttrice della Ru486 pensarono di sospenderne la distribuzione'', commenta il ricercatore. Allora intervenne il ministro della Sanità, Claude Evin, con una frase che Baulieu ha conservato ben impressa nella memoria: ''questa pillola, questo progresso non appartiene a un'industria ma appartiene alle donne''. E in breve tempo la polemica si spense. All'appello del Papa contro la pillola abortiva che esorta i cattolici a rifiutare ''leggi ingiuste'' Baulieu risponde che ''non sono per nulla leggi ingiuste'' e che quelli che il pontefice chiama ''bambini innocenti uccisi'' non sono ancora ''bambini''.
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