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Studio italo-argentino: malati linfoma più a rischio trombosi

Cardiologia | 03/05/2010 13:05

I malati di linfoma sono più vulnerabili alla trombosi. Lo rivela uno studio condotto dai
Laboratori di ricerca dell'Università Cattolica di Campobasso, in collaborazione con l'Academia Nacional de Medicina di Buenos Aires (Argentina), pubblicato su 'Blood'. Questi pazienti non devono infatti combattere solo contro le cellule maligne, ma anche contro complicazioni capaci di mettere a rischio la loro vita. Una di queste è, appunto, la trombosi.
"Per molti anni - ricorda l'ateneo molisano in una nota - il rapporto tra tumori e coagulazione del sangue è stato studiato secondo lo schema: i tumori solidi tendono a favorire la formazione di trombi, mentre quelli del sangue (leucemie o linfomi) agiscono sul lato opposto, favorendo le emorragie. Ma diversi studi recenti hanno mostrato come anche nei linfomi il fenomeno della trombosi sia molto importante".
 

Il team italo-argentino ha analizzato i dati di 18 studi pubblicati da vari gruppi di ricerca internazionali, valutando così in modo preciso il rapporto tra linfomi e complicanze trombotiche in oltre 18.000 pazienti. Ebbene, complicanze di tipo trombotico si sono
verificate nel 6,4% dei pazienti. E' proprio su di essi che i ricercatori si sono concentrati per evidenziare i vari fattori in gioco nel determinare il rischio di questa complicanza. Ebbene, secondo lo studio è discriminante il tipo di linfoma.

I linfomi non Hodgkin presentano un rischio di trombosi molto maggiore di quelli di Hodgkin. Inoltre il pericolo è più elevato per quei linfomi localizzati nel sistema nervoso centrale. "Le complicanze trombotiche - dice Maria Benedetta Donati, coordinatrice dei progetti scientifici dei Laboratori di ricerca dell'Università Cattolica di Campobasso - contribuiscono alla mortalità dei malati di linfoma, oltre a interferire negativamente sia sulla qualità di vita che sulle terapie in corso.

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Per questo è necessario determinare quali pazienti siano ad alto rischio, in modo che i medici possano usare con decisione terapie antitrombotiche che, a causa dei loro effetti collaterali, non possono essere impiegate indiscriminatamente su tutti. Un modo - aggiunge – di adattare la terapia alle caratteristiche di ciascun malato".
"Oggi non disponiamo di linee guida per affrontare il problema. Il nostro studio - sottolinea Donati - apre perciò nuove prospettive per un uso ottimale dei farmaci anticoagulanti nella prevenzione della trombosi in pazienti con linfomi".
Il lavoro è già disponibile in versione online ed apparirà sul prossimo numero della rivista cartacea. L'ematologa argentina Vanesa Caruso, prima firmataria della ricerca, ha trascorso alcuni anni nei laboratori della Cattolica di Campobasso prima di tornare nel suo Paese per lavorare nell'Academia Nacional de Medicina di Buenos Aires.
Fonte: AdnKronos

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